OPINIONI |

La doppia faccia della televisione

CALANO GLI SPETTATORI (3 MILIONI IN MENO IN DIECI ANNI), EPPURE AUMENTANO LE RISORSE. IL PROBLEMA È: FINO A QUANDO?

di Fabrizio Perretti, professore associato presso il Dipartimento di management e tecnologia della Bocconi

Dal punto di vista delle risorse economiche, nel decennio che si è appena concluso la televisione ha occupato una spazio che possiamo definire in espansione. La pubblicità è leggermente aumentata e la nascita del gruppo di canali a pagamento Sky (nel 2003) e l’introduzione del digitale terrestre con l’ingresso di Mediaset nel settore a pagamento, hanno aperto alla tv nuovi spazi di risorse.

In termini di investimenti pubblicitari, le risorse sono aumentate (circa 10% in dieci anni, con una media annuale di circa 8 miliardi di euro) e la televisione ha mantenuto costante la sua posizione di forza, appropriandosi del 50% delle risorse complessive (mentre la stampa è passata dal 40% al 30% e la pubblicità su Internet raggiunge il 7,5% delle risorse complessive). Inoltre, in termini di risorse provenienti dai consumatori, la tv è passata da 17 milioni di abbonamenti nel 2000 (15,5 milioni di canoni Rai e 1,5 milioni di abbonamenti alla tv a pagamento) a circa 20,5 milioni nel 2009 (16 milioni di abbonamenti Rai e 4,5 alla tv a pagamento).
 
All’interno del sistema televisivo tali risorse sono state però soggette a fenomeni di redistribuzione diversi da quelli del passato. Innanzitutto, anche se la tv ha ampliato il proprio spazio di risorse economiche, ha perso consumatori. Agli inizi del millennio la media di spettatori era di circa 8,5 milioni nell’intera giornata e di circa 23 milioni nel prime time. Nel 2009 il numero medio è sceso a 7,6 milioni nella giornata e a circa 20 milioni nel prime time. In dieci anni la televisione ha quindi perso 3 milioni di spettatori nella fascia di ascolti più importante. In questo scenario, i principali canali televisivi (Rai, Mediaset e La7) hanno ridotto costantemente la loro percentuale sul numero totale di spettatori sintonizzati, passando dal 93% all’83% circa.
 
Perché le reti principali stanno perdendo terreno? Dove sono finiti i 3 milioni di spettatori che non guardano più o guardano meno la tv? Perché alla diminuzione di spettatori è corrisposto un aumento delle risorse?
La risposta alla prima domanda è riconducibile alle dinamiche concorrenziali interne e alla cosiddetta teoria della “ripartizione delle risorse”. Tale teoria prevede che quando la concentrazione in un settore è elevata, i soggetti generalisti diventano sempre più simili, aprendo nuovi spazi per soggetti specialisti. In altre parole, la gara tra i principali soggetti per l’occupazione del centro (la maggioranza dei consumatori) da un certo punto in poi significa abbandonare posizioni, non soltanto quelle periferiche.
 
In Italia è avvenuto lo stesso fenomeno: l’estrema concentrazione ha fatto sì, negli ultimi 20 anni, che i principali concorrenti diventassero simili tra loro, occupando gli stessi spazi con gli stessi programmi per un pubblico sempre più omogeneo. Non appena il sistema è diventato più permeabile, grazie alla normativa e alle nuove tecnologie, nuove offerte televisive sono riuscite a occupare spazi crescenti.
Allo stesso tempo, sono nati nuovi spazi al di fuori del territorio televisivo, come il Web 2.0, che ha indotto una migrazione di utenti dai mezzi di comunicazione tradizionali. La televisione è stata quindi colpita, anche se in ritardo rispetto ad altri soggetti (la stampa o la discografia), da un fenomeno ineluttabile su scala ampia. Ed è questo ritardo e la tradizionale centralità della tv nel sistema italiano che ha permesso al sistema televisivo di accrescere le risorse economiche pur in presenza di una perdita di spettatori. Per quanto tempo continuerà questa condizione?
La migrazione del pubblico dalla tv è destinata, per ragioni demografiche e culturali, ad aumentare e a trascinare con sé le risorse nel nuovo ambiente web-based. Un nuovo ambiente in cui anche i soggetti televisivi sono presenti e in cui possono giocare un ruolo di primo piano, ma solo se in grado di contrastare le inerzie e le resistenze che li caratterizzano. Lo scorso decennio ci dice che alcune forze sono all’opera e che soggetti e risorse sono in movimento. In questo spazio che si trasforma non è così scontato che la tv mantenga la sua storica posizione.

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