OPINIONI |

Il lusso piace di piu' se e' responsabile

I CASI DI SUCCESSO DI POSIZIONAMENTO INTORNO AI VALORI DI ETICA, AMBIENTE E COMUNITÀ

di Erica Corbellini e Elisabetta Marafioti, SDA professor di strategia e imprenditorialita' e docenti del Mafed, il Master in fashion, experience and design management della SDA Bocconi School of Management

Negli anni del lusso ‘democratico’ (legato a prodotti di larga distribuzione) le imprese del sistema moda hanno mirato quasi esclusivamente al successo reddituale, con lo sfruttamento crescente del marchio per raggiungere i nuovi clienti dei mercati emergenti e i quelli desiderosi di diventarlo dei mercati maturi (cd. ‘aspirazionali’). Di conseguenza è cresciuta la spesa in comunicazione, è aumentato il numero di punti vendita controllati direttamente (e dei costi fissi ad essi collegati), l’offerta è proliferata, con più collezioni, linee, prodotti.

Tuttavia, all’aumentare della componente immateriale della marca, hanno fatto da contraltare una banalizzazione e un impoverimento degli attributi intrinseci di prodotto. Da qui la crescente pressione alla delocalizzazione delle attività produttive, a relazioni poco corrette con i propri fornitori, a una perdita di significato del valore reale del sistema d’offerta in quanto non percepito dal cliente trade e dal consumatore finale, fenomeni accentuati dal controllo della finanza di molti marchi e da una visione a breve termine del successo di impresa da parte dei manager che si sono sostituiti agli imprenditori.
 
La recessione economica ha però agito da catalizzatore: per continuare ad attirare clienti, con l’opzione degli outlet o anche quella di non comprare affatto, i marchi sono stati costretti a proporre nuovi significati su cui creare ‘reason why’ innovative ed emozionali come l’etica, l’ecologia e l’esperienza. I nuovi clienti ‘value-driven’ hanno cominciato a chiedere non solo contenuti forti di prodotto che giustifichino il prezzo ma anche un valore della proposta aziendale nel suo complesso. Questa nuova sensibilità ha premiato quelle aziende della moda che hanno deciso di costruire l’identità di marca in maniera diversa, allargando la prospettiva dalla mera gestione del business per generare profitto, alla gestione dell’azienda e del rapporto con tutti i suoi interlocutori. Per queste imprese la corporate social responsibility va oltre approccio interno alla gestione dell’impresa ed è ben più di un elemento di marketing istituzionale. È una strategia concreta e credibile di posizionamento intorno ai concetti di etica, rispetto dell’ambiente e creazione di valore per tutti gli stakeholder.
Un esempio di tale impostazione è il caso di Brunello Cucinelli, azienda leader per il cachemire di qualità made in Italy. L’imprenditore umbro ha messo al centro della gestione aziendale i dipendenti e, nella convinzione che la cultura sia centrale per la produzione di cose belle, ha restaurato il borgo medioevale in cui ha sede l’azienda dotandolo anche di un teatro. Il concetto di ‘impresa umanistica’, come definita da Cucinelli, si esprime in un modello economico che prevede che un terzo del profitto sia destinato ai lavoratori (che ricevono stipendi superiori alla media di settore), un terzo al territorio e un terzo alla remunerazione dell’investimento dell’imprenditore. Il risultato di tale impostazione è stato un successo di mercato che ha visto l’azienda crescere anche durante gli anni della crisi. L’aumento reddituale è andato di pari passo con l’accrescimento della reputazione.
 
Essere un’azienda socialmente responsabile significa, quindi, porsi il problema della sostenibilità della propria value proposition nei confronti delle persone e dell’ambiente, non essere un filantropo. Il buon cittadino, prima di pensare alla beneficenza, si preoccupa del rispetto dei consumatori, che significa offrire loro un prodotto a prezzo rapportabile alla qualità, che non è solo costo industriale ma anche design. Fa parte dell’essere un bravo cittadino anche non imporre ai clienti trade dei minimi di acquisto, così come evitare il “ricatto” alle riviste togliendo la pubblicità se non si mette il prodotto nel redazionale. La Csr diventa allora un approccio olistico che porta l’azienda a comportarsi in modo socialmente responsabile a 360 gradi con sistematicità e credibilità. Ed è proprio facendo leva su questa impostazione che la Brunello Cucinelli si quoterà nel 2012.

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