OPINIONI |

I dubbi sulla mediazione obbligatoria

DIRITTO. CHE COSA CAMBIA (E CHE COSA NO) CON LE NUOVE REGOLE SULLA CONCILIAZIONE

di Cesare Cavallini, ordinario di diritto processuale civile in Bocconi

Nel dibattito sulla crisi della giustizia civile si è fatto strada, anche sulla scorta di precise direttive della Ce volte a stimolare la regolamentazione delle legislazioni processuali interne agli stati membri, l’istituto della mediazione della lite per la sua conciliazione, da raggiungersi prim’ancora dell’instaurazione della controversia avanti il giudice.

L’entrata in vigore del D. Lgs. n. 28/2010, formalmente in attuazione di una direttiva comunitaria (in partenza finalizzata alla conciliazione delle controversie transnazionali) ma sostanzialmente con l’intento di procedere a una vera e propria riforma di carattere ordinamentale, volta a fronteggiare i noti problemi che affliggono il «sistema giustizia» nazionale, ha suscitato, com’era prevedibile, considerazioni critiche da parte soprattutto dell’avvocatura, chiamata a gestire quella che, a ben vedere, più che una vera riforma processuale, appare un tentativo del legislatore delegato di promuovere una svolta epocale del costume forense. Tentativo senza dubbio apprezzabile nell’intento, ma sicuramente opinabile nelle forme e soprattutto nei tempi imposti dalla vigenza della legge varata. Vediamone i profili caratterizzanti e proviamo a darne una prima valutazione.
 
Nell’ambito delle controversie civili e di alcune commerciali su diritti disponibili (ad es., contratti assicurativi, bancari e finanziari, ad esclusione delle azioni collettive risarcitorie, nei contratti di affitto di azienda, nelle liti derivanti dai patti di famiglia, nonché in quelle di risarcimento danni da responsabilità medica e diffamazione a mezzo stampa), la causa civile deve essere obbligatoriamente preceduta dall’instaurazione di un procedimento di gestione stragiudiziale della controversia (mediazione) volto alla conciliazione della medesima. L’avvocato ha l’obbligo di comunicare al proprio assistito la possibilità di avvalersi del procedimento, le relative agevolazioni fiscali e soprattutto i casi in cui la mediazione, appunto obbligatoria, diventi condizione di procedibilità dell’esercizio dell’azione civile.
 
La proposta di conciliazione formulata dal mediatore, se disattesa dalle parti, produce effetti onerosi nel successivo giudizio civile: se la sentenza che definisce la causa corrisponde al contenuto della proposta, la parte pur vittoriosa non ha diritto alla ripetizione delle spese e può essere condannata all’esborso di un’ulteriore somma, quasi a titolo di multa. E tutto questo, va detto, deriva dall’opera di mediatori professionali che possono essere costituiti ad hoc da «enti pubblici o privati che diano garanzie di serietà ed efficienza».
 
Una prima valutazione. Credo che, al di là dei profili di incostituzionalità per preteso eccesso di delega, l’obbligatorietà dello strumento della ‘mediazione’ preventiva sia, in astratto, l’unica possibile previsione normativa idonea a renderlo funzionale e utile allo scopo.
 
Ma lo scopo, per l’appunto, insito in un’ambita riforma ordinamentale, non può essere quello della (ritrovata, solo per tale via) efficienza della giustizia civile: ostano a tale risultato, oltre all’improcrastinabile riforma dell’accesso alle professioni legali, due questioni di fondo. La prima, che deriva dalla considerazione che l’efficienza non può mai essere disgiunta dalla qualità del servizio giustizia: non mi sembrano sufficienti i requisiti generici di serietà ed efficienza richiesti dalla legge per la costituzione degli enti gestori (anche del reclutamento) dei soggetti mediatori. Una possibile progressiva sfiducia verso chi offre il servizio (se si eccettuano poche istituzioni già da prima presenti sul «mercato» della conciliazione), rischia di far aumentare il contenzioso civile, anziché diminuirlo nel tempo.
 
La seconda questione è data dall’attuale abnorme carico giudiziario civile pendente, vera causa della lentezza dei processi civili e dell’inefficienza del sistema: questione sulla quale la legge sulla mediazione non è in grado di incidere; invero potendo farlo dopo una decisa e rapida diminuzione del carico pendente, magari con strumenti normativi d’urgenza che si ispirino alla (stessa) logica di fondo della conciliazione tra le parti.

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