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Il private equity del b&b

, di Federico Moia e Francesco Castellaneta - rispettivamente, ricercatore del Croma Bocconi e dottorando presso il Dipartimento di management della Bocconi
Fondi. La strategia del buy and build, che premia anche di questi tempi

Il private equity non è morto sotto i colpi della crisi. Laddove le performance dei buyout tradizionali sono in caduta libera, vi è una strategia, il buy and build, che potrebbe trarre vantaggio dalla recessione in atto. Il buy and build consiste nel perseguire la crescita per linee esterne (attraverso operazioni di finanza straordinaria come le acquisizioni) di una società investita da un fondo. Non solo è una strategia conveniente nei periodi di crisi per gli investitori, ma risulta essere vantaggiosa anche per le società coinvolte, in quanto le prepara alla ripresa. La conferma è arrivata da un'analisi del Croma (Center for research in organization and management) dell'Università Bocconi su 1.011 buyout. I risultati attestano come le società che perseguono una strategia di buy and build generino più valore delle altre: il rendimento medio annuo di questi investimenti in termini di tasso interno di rendimento lordo (Irr) risulta infatti del 48%, a fronte di un ritorno medio degli altri deal del 38%.

L'analisi ha inoltre evidenziato come il buy and build risulti più conveniente rispetto alle altre strategie nei periodi di crisi. I motivi sono il crollo dei prezzi e la contrazione dei multipli delle imprese, che garantiscono ai fondi possibilità di arbitraggio nel lungo periodo. Numerose società, inoltre, necessitano di capitale e competenze gestionali per sopravvivere e il private equity è una risposta a tali bisogni.La forza dirompente della crisi economica in atto ha avviato una fase di concentrazione nella maggior parte dei settori, portando a una riduzione del numero di operatori e al loro incremento dimensionale; basti solo pensare a ciò che sta accadendo nell'automobile, o al fatto che nel 2008 i fallimenti di aziende statunitensi sono aumentati del 54%. Gli effetti congiunti della contrazione della domanda e del surplus di offerta hanno portato numerose imprese a uscire dal mercato e a lasciare liberi spazi che potrebbero diventare attrattivi oltre la crisi. Per questo motivo durante una recessione il buy and build consente a un'azienda di guadagnare quote di mercato, oppure di penetrare nei mercati emergenti, in ogni caso aumentando in prospettiva futura la propria base clienti. Vi sono però alcune problematiche connesse all'implementazione del buy and build in un periodo di crisi. Innanzitutto, è una strategia che richiede consistenti risorse finanziarie, che possono però latitare. È inoltre difficoltoso valutare correttamente le aziende target, in quanto i multipli correnti non forniscono un parametro attendibile per il lungo periodo, al pari delle stime dei flussi di cassa che un'impresa potrà generare. Infine, in presenza di meccanismi di ricomposizione dei mercati come quelli descritti, non è agevole comprendere non solo il posizionamento competitivo di un'impresa, ma anche l'andamento dell'intero settore di riferimento. Ad esempio, per Marchionne è stato problematico assegnare un valore alle opportunità di sviluppo di Chrysler e Opel, ma anche stabilire quanto varrà in futuro l'intero mercato automobilistico europeo e statunitense. Tuttavia l'evidenza del nostro campione attesta che le imprese che hanno attuato strategie di buy and build in periodi di crisi hanno ovviato alle problematiche descritte, ottenendo rendimenti interessanti: gli investimenti iniziati nel 2000 hanno infatti generato un Irr medio del 6%, a fronte di un -18% per gli altri deal; nel 2001 invece le differenze sono meno marcate, 30% contro 27%.