OPINIONI |

Sanita'. Siti web senza empowerment

POCO AIUTO ONLINE AL PAZIENTE DALLE AZIENDE SANITARIE ITALIANE

di Elena Bellio, Luca Buccoliero, Anna Prenestini, ricercatori presso il Css-lab della Bocconi (Bellio e Buccoliero), ricercercatrice presso il Cergas Bocconi (Prenestini)

L’avvento di internet ha ridefinito lo scambio di beni o servizi nella maggior parte dei settori grazie alla disponibilità di informazioni a basso costo (o anche gratuite) e alle maggiori possibilità di controllo e di scelta da parte dei cittadini-clienti. Una delle sfide più rilevanti che i sistemi sanitari si trovano oggi ad affrontare è proprio l’utilizzo di internet ai fini dell’empowerment del paziente, ossia della risposta alle crescenti esigenze di quest’ultimo sia di accesso ad informazioni sanitarie qualificate, personalizzate e subito fruibili, sia di controllo sul proprio stato di salute attraverso una gestione diretta dei propri dati clinici.

Una ricerca svolta dal Css-Lab e dal Cergas Bocconi ha definito alcuni elementi per qualificare i contenuti di una web strategy orientata al patient empowerment e ha misurato, con un indice sintetico, la capacità dei siti di 340 aziende sanitarie italiane di rispondere alle esigenze di empowerment attraverso informazioni e servizi online.
In primo luogo, sono state valutate l’accessibilità e la fruibilità dei contenuti e dei servizi erogati. In particolare, è emerso che solo una minima parte delle aziende ha attivato logiche di navigazione secondo il modello ‘life event’ (ossia, in base agli eventi che possono caratterizzare la vita sanitaria di un paziente, come “avere un figlio”, o “vivere la terza età”) e solo poche di più hanno previsto una segmentazione per cluster di pazienti (anziani, donne, stranieri). Nella maggior parte dei casi i menu si fondano sulla struttura organizzativa aziendale.
 
Il secondo componente dell’indicatore è rappresentato dalle informazioni cliniche ottenibili dal paziente sul sito: la maggior parte delle aziende sanitarie utilizza newsletter generali con contenuti anche a carattere sanitario o semplici schede divulgative, rari i test di valutazione del proprio rischio clinico o di autodiagnosi.
Il terzo elemento è la presenza sul sito di community o gruppi che garantiscono un supporto informativo clinico, psicologico o di accompagnamento ai pazienti. Poche le aziende che hanno gruppi istituzionalizzati online, mentre più numerosi i siti che riportano elenchi di associazioni di riferimento.
 
Un ulteriore tassello è la valutazione delle opportunità di comunicazione medico-paziente online: poco diffuse le esperienze in cui il paziente può rivolgersi direttamente ai professionisti, attraverso linee telefoniche, email, forum.
Elemento di grande rilievo per l’empowerment, inoltre, è la possibilità di controllare via web la propria cartella clinica personale. Limitate sono le esperienze di singole aziende, mentre Lombardia ed Emilia Romagna hanno definito dei progetti a livello regionale.
 
Esiguo è il ricorso a funzionalità che possono orientare il paziente verso la scelta consapevole dell’azienda sanitaria e del professionista più indicato, attraverso la disponibilità di curricula dettagliati dei medici, casistica trattata per patologia, liste d’attesa in tempo reale per prestazioni diagnostiche e visite specialistiche. E limitate anche le esperienze di servizi di telemedicina (teleconsulto, teleassistenza, telesoccorso), mentre in casi isolati si è rilevata la presenza sul sito di alcuni servizi accessori che contribuiscono all’empowerment, quali la webcam nei reparti di terapia intensiva neonatale.
 
L’analisi dei siti aziendali ha consentito di evidenziare alcune interessanti best practice. Tuttavia, rispetto a un massimo teorico dell’indicatore pari a 10, la media italiana risulta essere molto bassa (1,5). La consapevolezza della necessità di assumere un ruolo di interlocutore attivo per i pazienti attraverso i propri siti web appare quindi ancora limitata.

Il cittadino, sul web, dispone già di innumerevoli informazioni sulla salute: tuttavia spesso si imbatte in fonti prive di accreditamento scientifico o con potenziali ‘conflitti di interesse’ rispetto alle informazioni mediche fornite. I sistemi sanitari pubblici devono quindi valutare con urgenza l’opportunità di garantire una presenza web a supporto del paziente, anche per governare una potenziale pericolosa inappropriatezza nelle scelte e nelle opzioni di cura dell’individuo.

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