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La macchina dei bestseller

JEFFREY DEAVER, RE DEL BRIVIDO E DEGLI INCASSI, CI PORTA ALLA SCOPERTA DI UN'INDUSTRIA MILIARDARIA, QUELLA DELLA SCRITTURA. TRA PIANI DI MARKETING E UNA SELVA DI AGENTI. PERCHé IL LIBRO è UN PRODOTTO

La metà dei titoli pubblicati nel mondo non vende neppure una copia in libreria. Il dato vale per un mercato come l’Italia, in cui si pubblicano 53-54.000 titoli l’anno, e in uno come gli Stati Uniti, quattro volte più grande. La gran parte dell’altra metà non dà da vivere né all’autore, né all’editore che lo pubblica. Otto Penzler, un ex imprenditore del settore, calcola che un editore serio, che riesca a vendere, al prezzo di copertina di 20 dollari, il 75% di una prima edizione di 10.000 copie di un libro, dopo avere anticipato 10.000 dollari all’autore, si troverà in passivo di 9.000 dollari, “su un libro che può essere considerato di successo”.

Questi conticini, e l’umor nero che suscitano, non si applicano a quel fenomeno globale che sono i bestseller, libri da milioni di copie costruiti in serie, commercializzati secondo le ferree regole del marketing. Il 16 luglio 2005 Scholastic, l’editore americano di Harry Potter e il principe mezzosangue, ne ha vendute 6,9 milioni di copie nel primo giorno di commercializzazione, organizzato come un evento mediatico, con migliaia di librerie aperte di notte per dare il benvenuto all’ultima avventura del maghetto inglese. Tutte le grandi catene lo hanno venduto, almeno quel giorno, con un forte sconto, dal 20 al 40% del prezzo di copertina, come si usa fare in America per garantire un avvio spettacolare alle vendite. La pratica è molto criticata soprattutto dalle piccole librerie, che applicando gli stessi sconti si vedrebbero annullare, o quasi, i profitti, ma in quel caso si è dimostrata efficace anche per i conti dei dettaglianti, perché si è calcolato che il 40% degli acquirenti abbia comprato, insieme a Harry Potter, almeno un altro libro.

La macchina dei bestseller non può lasciare nulla al caso: investimenti promozionali e anticipi agli autori sono tali da non consentire errori e il mercato, almeno in America, patria della gran parte dei bestseller, è sempre più concentrato. Publishers Weekly, il settimanale di riferimento dell’industria editoriale americana, calcola che, nel 2005, i cinque maggiori editori abbiano pubblicato l’82% dei bestseller e i primi 10 ne abbiano stampato la quasi totalità (96,7%).

La rilevanza delle campagne promozionali e l’attenzione per i risultati di vendita dei primi giorni avvicinano le logiche del mercato dei bestseller a quelledegli altri prodotti culturali, quali musica e cinema; in tutti i casi la concorrenza per la visibilità è molto alta e, negli ultimi anni, il periodo medio di permanenza ai vertici delle classifiche è diminuito. Il 57% dei libri che sono entrati nella classifica dei bestseller di Publishers Weekly nel 2005 ci sono restati meno di un mese. Dei 20 romanzi che sono arrivati al numero uno ben 17 ci sono arrivati dopo una sola settimana in libreria, ma otto lo hanno abbandonato già la settimana successiva.

“La competizione per la visibilità è aumentata moltissimo in tutti i settori creativi”, riflette Paola Dubini, professore di strategia alla Bocconi ed esperta di mercati editoriali e culturali.“Nel 1983, un film restava in prima posizione al botteghino Usa in media per 2,5 settimane, nel 2006 per 1,2 settimane. Al tempo stesso, la proliferazione dei canali di vendita ha portato anche titoli molto poco visibili e insospettabili a costruirsi un mercato, una reputazione e risultati economici soddisfacenti. Abbiamo bisogno di guardare a come si dipana il ciclo di vita di un titolo su più mercati e su più canali per capire come costruire la visibilità di un titolo. È per questo che il centro Ask Bocconi sta avviando un progetto di ricerca sulla creazione di icone nei settori creativi”.

I titoli che hanno raggiunto maggiore visibilità sono tipicamente il risultato di due strategie di lancio alternative: massimizzare la visibilità al momento dell’uscita e puntare ai vertici della classifica per poi calare progressivamente; oppure partire in sordina e fare leva sul passaparola per permettere ai titoli di crescere progressivamente. “La prima strategia è più costosa, ma garantisce ritorni economici in tempi più brevi”, spiega Dubini, “se il titolo non piaceviene bruciato molto rapidamente. La seconda strategia permette di calibrare gli sforzi e seguire le vendite, quindi potenzialmente permette al titolo di sviluppare il suo potenziale lungo un arco temporale più lungo; il rischio però è che il titolo non riesca a raggiungere la visibilità sufficiente e muoia di lenta agonia”.

Gli editori spesso puntano alla prima strada se l’autore è molto noto o se il titolo fa parte di una serie. In questi casi le campagne di lancio spingono molto sull’autore e sul personaggio principale. Al di là dell’effettivo valore (o fiuto) dei vari Grisham, King, Crichton e Deaver gli editori hanno stringenti motivi economici per continuare a puntare su scrittori con un seguito di lettori fedeli e il cui nome fa vibrare nel pubblico corde che hanno già dimostrato la loro efficacia. La formula si fa ancora più precisa se, al nome dell’autore, si aggiunge anche quello di un personaggio, comeLincoln Rhyme di Deaver o, in Italia, Montalbano di Andrea Camilleri. I fans accorreranno in libreria e i nuovi lettori cercheranno di procurarsi gli episodi precedenti.

La classifica dei bestseller in edizione rilegata è solo la prima tappa dello sfruttamento dei diritti legati a un libro e gli autori affermati lo sanno bene. Jeffrey Deaver, il romanziere americano autore del Collezionista d’ossa e di Luna fredda, in una lezione tenuta di recente agli studenti del Corso di laurea in economia e management per arte, cultura e comunicazione dell’Università Bocconi, ha chiarito di cedere i diritti in licenza agli editori solo per uno sfruttamento limitato.

Deaver lavora con uno stuolo di agenti, che si moltiplicano con il moltiplicarsi delle forme di distribuzione dei contenuti. Un agente contratta la cessione dei diritti all’editore americano, uno si occupa dei mercati europei, uno di quelli asiatici, ma poi ci sono gli agenti specializzati. Deaver ne ha uno a Hollywood per i diritti cinematografici e uno per la creazione di videogiochi basati sui suoi protagonisti.

Gli autori di bestseller sono perfettamente consci della macchina di cui sono l’ingranaggio principale. Deaver si è presentato alla Bocconi con una valigetta piena di prodotti di largo consumo, da un dentifricio a una schiuma da barba, più il suo ultimo libro, Luna fredda, edito in Italia da Sonzogno, e ha sostenuto che tra i diversi articoli non c’è nessuna sostanziale differenza. L’autore di bestseller deve sapere che il pubblico richiede certi ingredienti e lo deve soddisfare, attraverso un duro e sistematico lavoro.

Deaver lavora per almeno otto mesi l’anno, otto ore al giorno, alla costruzione della scaletta del suo prossimo romanzo, per il quale si documenta meticolosamente. “Uno scrittore deve creare attesa, promettendo rivelazioni che, poi, non fa, o almeno non subito. E, pur utilizzando tutti gli ingredienti necessari a ogni bestseller, non deve rinunciare a un proprio marchio di fabbrica, che, nel mio caso, consiste in una trama ricca di capovolgimenti e concentrata in un lasso di tempo brevissimo. I miei lettori lo sanno e se lo aspettano”.

Nei due mesi successivi Deaver lavora alla stesura vera e propria. “Non alla scrittura, ma alla riscrittura, che è il vero lavoro di noi autori. Io arrivo anche a venti stesure differenti prima di mettere d’accordo tutti gli specialisti coinvolti in un bestseller”.

Cominciano solo allora le settimane più intense dell’anno, durante le quali l’autore si mette a completa disposizione dell’apparato di promozione della casa editrice, presentando il proprio libro in giro per l’America e alternando apparizioni televisive da milioni di spettatori a incontri con gruppi ristretti di lettori. E Deaver fa lo stesso, quando i libri sono tradotti, anche negli altri mercati più importanti, come l’Italia nel suo caso. Un po’ di riposo e il ciclo ricomincia, perché il mercato, tra un anno, pretende un altro thriller.

E in quanto al messaggio? “Come diceva Hemingway, per quello c’è il telegrafo”.

di Fabio Todesco

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