OUTLOOK 2023
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DIECI INTERVENTI PER GUARDARE ALLE SFIDE DEL NUOVO ANNO. TERZO CAPITOLO: L'EUROPA, CHE DEVE GIOCARE SECONDO NUOVI SCHEMI E INVESTIRE DI PIU' SUL PROPRIO MERCATO INTERNO, IL PIU' RICCO DEL MONDO, PUNTANDO SU UN MODELLO IN CUI SIA CENTRALE LA PROPRIA AUTONOMIA STRATEGICA

di Carlo Altomonte, professore associato di politica economica europea

Il 24 febbraio 2022, il giorno dell'invasione russa in Ucraina, rappresenta per l'Europa un cambiamento strutturale simile alla caduta del muro di Berlino nel novembre 1989.
Dopo la caduta del muro è emerso in Europea un modello di crescita 'export-led', generato attraverso una efficiente catena del valore continentale, con la Germania in cima quale principale punto di origine delle esportazioni. L'accesso al mercato era garantito dalla globalizzazione in atto e dalle regole WTO. Gli input chiave per la produzione erano garantiti fuori dall’UE dall’energia a basso costo dalla Russia, e dentro l’UE da rapporti di cambio fissi che impedivano concorrenza sleale e svalutazioni competitive. La sicurezza dei mercati era garantita, anche questa a basso costo, dalla protezione americana nell'ambito della NATO.

Il 24 febbraio 2022 i presupposti di questo modello di crescita sono improvvisamente venuti meno. L’invasione dell’Ucraina ha dissolto lo scenario di stabilità geo-politica creatosi nel Vecchio Continente dopo la caduta del Muro. La necessità politica di evitare il ricatto sul gas ha obbligato l’Europa a rinunciare alle fonti di energia dalla stessa Russia, a favore di alternative ugualmente disponibili, ma sicuramente molto più costose. Infine, il permanere di tensioni evidenti tra Stati Uniti e Cina mette in discussione l’accesso ai mercati globali che sono stati al cuore del modello di crescita europeo negli ultimi venti anni.
Occorre prendere atto che questo modello ‘export-led’ è finito, e che il nuovo (dis)ordine globale richiede un nuovo schema di gioco per l’Europa, basato sulla sua capacità di investire maggiormente sul proprio mercato interno, che resta il più ricco del mondo, e sulle tecnologie legate alla transizione energetica e digitale, inclusa la combinazione delle due in alcune filiere chiave, quale quella dell’auto elettrica. I Piani nazionali di Ripresa e Resilienza di tutti i paesi europei sono già indirizzati in questo senso, e devono rappresentare un valido punto di partenza intorno al quale coordinare in maniera coerente tutte le scelte di policy future, a partire da quelle fiscali ed energetiche.

Sul fronte geo-politico, è evidente la necessità di sostituire il precedente modello di sviluppo con uno in cui l’autonomia strategica dell’UE possa acquisire maggiore centralità. Dunque aggiungere al tema della competitività economica garantita dall’investimento sulle due grandi transizioni anche il tema della sicurezza degli approvvigionamenti energetici, ed una capacità di difesa in grado di proiettarsi anche ai paesi alleati geograficamente vicini, in maniera coordinata ma funzionalmente autonoma dagli USA.

Per orientare questo nuovo modello, è necessario partire dai tre grandi fondatori, Francia, Germania e Italia, quale nucleo di Paesi federati che condividono interessi. Lo strumento istituzionale in questa fase potrebbe essere costituito dalla chiusura del triangolo di accordi bilaterali tra i tre fondatori: Francia e Germania sono storicamente legati dal Trattato dell’Eliseo, Italia e Francia sono adesso legate dal Trattato del Quirinale, manca il completamento di un accordo ad ampio spettro tra Italia e Germania, coerente con il disposto degli altri due.

Costruendo su questo accordo politico, la Commissione potrebbe avanzare proposte di una nuova governance istituzionale coerenti con il programma di riforma proposto dalla Conferenza sul Futuro dell’Europa. Alcune di queste proposte non implicano una modifica dei Trattati; altre la implicano, ma potrebbero essere portate avanti tramite lo strumento della cooperazione rafforzata, in particolare negli ambiti legati ai temi della politica estera e di difesa comune.

Una maggiore autonomia strategica implica anche una capacità di proiezione degli interessi europei su di un’area necessariamente più ampia di quella dei 27, per includere tutti i Balcani e i paesi della dorsale caucasica dall’Ucraina fino alla Turchia, oltre che il Mediterraneo del sud, rispetto al quale va gestito in maniera comune il problema dell’immigrazione. Dunque l’idea di una Confederazione ampia di paesi geograficamente legati all’Europa, che possano partecipare ad un’area economicamente integrata.
Senza questi ulteriori passaggi, sia sul fronte interno che su quello esterno, vi è il rischio concreto che nel nuovo contesto geo-politico determinato dal conflitto il modello europeo non trovi una sua nuova ragione d’essere. L’UE a 27 risulta essere ad un tempo troppo piccola, perché geograficamente limitata, e troppo grande, perché politicamente eterogenea, rispetto alla sua capacità di soddisfare la nuova domanda di beni pubblici in termini di sicurezza energetica, militare ed economica che arriva dai cittadini europei (comunitari e non).

E quando una Istituzione non è più in grado di rispondere in maniera efficiente ai suoi cittadini, prima o poi viene consegnata ai libri di storia.

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