Il valore dei rifiuti
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Il valore dei rifiuti

SOSTITUENDO IL CONCETTO DI WASTE TO ENERGY, OGGI SI PARLA DI WASTE TO X, COME SPIEGA GIOVANNA CHIARA, ALUMNA DELLA SDA BOCCONI E MANAGER DI HITACHI ZOSEN INOVA, CHE RITIENE INOLTRE CHE NESSUNA TECNOLOGIA O FONTE, COMPRESO IL NUCLEARE, POSSA RISOLVERE DA SOLA IL PROBLEMA ENERGETICO

“Ho sempre sperato di applicare la mia laurea di ingegneria chimica a un’industria che avesse un senso e un fine più alto rispetto a quello legato semplicemente al business. Perciò ho cercato da subito di occuparmi di energie rinnovabili e tecnologie sostenibili, perché rappresentano la sfida per eccellenza per il futuro del pianeta. Anche se questo ha significato, finora, lavorare sempre fuori dall’Italia”. Nessun rimpianto, intendiamoci, nella voce di Giovanna Chiara, ma solo la constatazione che il mercato italiano in un modo o nell’altro non è mai entrato nell’arco della sua parabola professionale. Ed è un caso abbastanza emblematico. Laureata a Torino, nel 2004 la sua prima destinazione è stata la Spagna, dove già le politiche del governo favorivano lo sviluppo di impianti solari termodinamici, una tecnologia promossa proprio dal Nobel italiano Carlo Rubbia. “Gli incentivi statali consentivano di creare impianti da 150 megawatt e le utilities stavano rispondendo in coro”, riassume la manager. “Da qui sono passata a occuparmi di eolico offshore per General Electric e oggi a Zurigo lavoro sui termovalorizzatori per Hitachi Zosen Inova sviluppando soprattutto i piccoli processi collaterali che si allacciano all’impianto principale e che favoriscono il riciclo dei materiali. Oggi, infatti, non si parla più di processi Waste to Energy ma di Waste to X perché dalla lavorazione dei rifiuti si possono ricavare materiali vari, metalli, sali, nuove materie prime. Si tratta di infrastrutture molto complesse e ispirate sempre più a un concetto di economia circolare”.

Come sta cambiando il mercato dell’energia con l’innovazione tecnologica applicata allo sfruttamento delle rinnovabili?
Sta cambiando molto ma non ancora abbastanza da attaccare gli equilibri consolidati. In Europa c'è già una buona base di rinnovabili ma c’è ancora molto da fare per diminuire la dipendenza dalle importazioni. A livello globale invece l'aspetto più promettente è che i paesi in via di sviluppo stanno puntando da subito a infrastrutture energetiche nuove che guardano già alle fonti rinnovabili, saltando il passaggio intermedio. Alcune tecnologie sono assodate e i produttori sono proprio gli stessi paesi che ne hanno più bisogno, come per esempio la Cina che è già leader sul solare. Altro capitolo fondamentale è quello legato al tema delle reti intelligenti e delle batterie che sono sempre più strategiche per aggirare la variabilità delle fonti naturali, ma anche su questo fronte la tecnologia procede verso soluzioni sempre piu “over the counter” e commerciali e i costi presto caleranno di conseguenza.

Ecco, i costi… per ora imprese e privati faticano a vedere la convenienza economica dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. Da che cosa dipende e qual è il bandolo della intricata matassa?
Secondo l’ultimo report dell’International Energy Agency, i costi al megawattora delle rinnovabili hanno raggiunto la parità o sono addirittura inferiori rispetto alla produzione elettrica da fonti fossili e dunque anche i prezzi per gli impianti sono sempre più competitivi, soprattutto considerando che il ritorno si ammortizza molto rapidamente essendo il combustibile disponibile in natura e gratuito. Funzionano anche molto bene i PPA, i Power Purchase Agreement, contratti a lungo termine con i quali i costruttori di impianti fidelizzano la fornitura a un’impresa per almeno 10 anni a un prezzo fisso con vantaggi per entrambe le parti. È un modello che si è consolidato nei paesi nordici e che oggi si sta diffondendo anche in Italia. Per il consumatore privato, invece, la questione varia da paese a paese e dipende da come è regolamentato il mercato. Dove c’è una tracciabilità del cosiddetto “elettrone verde” allora si paga la tariffa relativa alle rinnovabili, ma dove invece l’elettricità delle diverse fonti confluisce in un unico spot questa distinzione non è possibile e si finisce per pagare tutto uguale.

Perché in Italia è così difficile dare il via alla costruzione di nuovi impianti?
Non avendo mai lavorato in Italia non posso esprimermi, ma in generale il tema è sempre politico. La tecnologia si muove di conseguenza, quando ci sono leggi favorevoli che spingono gli investimenti in una direzione. Certo, c’è da restare sconcertati nel leggere che la Spagna ha il 36% del fabbisogno elettrico soddisfatto da fonti rinnovabili e in Italia siamo fermi al 12%.

Lei che ha anche uno spiccato spirito green, non usa plastica, non ha auto… che cosa ne pensa del nucleare?
Credo abbia indiscutibili vantaggi perché garantisce una baseload, ovvero una fornitura di base, costante e affidabile, senza quella tipica variabilità delle fonti naturali. Io credo nel progresso, nella sicurezza delle centrali e soprattutto nella soluzione del problema dei rifiuti della lavorazione nucleare. Detto questo, nessuna tecnologia presa singolarmente costituisce la soluzione al problema energetico, ma si dovrà ricorrere a una pluralità di fonti.

Tornerebbe a lavorare in Italia? Magari per le istituzioni o per un’amministrazione pubblica per favorire il recupero del gap con gli altri paesi europei?
Se ci fosse davvero la possibilità di impegnarmi in un ruolo simile sarei felice di farlo perché è una materia che conosco, un lavoro che amo e nel quale credo fortemente anche se il terreno da recuperare è molto. Sul tema waste, però, sto scoprendo che l’Italia non è così indietro come su altri fronti; ci sono emergenze macroscopiche come quella di Roma, ma anche eccellenze riconosciute. Dobbiamo però sbloccare i nuovi  impianti: qui in Svizzera ci sono decine di termovalorizzatori operativi, anche perché il “landfilling è stato messo al bando, e In Italia non si riesce a costruirne uno… Sarebbe utile avere una politica europea comunitaria comune su questo tema.
 
 
Biografia
Laureata in ingegneria chimica al Politecnico di Torino, Giovanna Chiara ha frequentato in Bocconi la decima edizione dell’Emba, l’MBA pensato per Executive con esperienza alle spalle. “A un certo punto della mia carriera mi sono resa conto di aver bisogno di aggiungere le competenze di business al mio background scientifico”, racconta la manager che oggi ricopre il ruolo di Global Sales & Business Development Manager nell’azienda svizzera Hitachi Zosen Inova. “Avevo una grande fame di queste conoscenze e voglia di cambiare prospettive nell'approccio all'industria e al project finance perché mi mancava una visione olistica dell’impresa. Per questo l’esperienza in Bocconi è stata fondamentale”. Manager per Iberdrola in Spagna e poi responsabile per General Electric Renewable Energy degli appalti per wind farms offshore, oggi segue da Zurigo lo sviluppo di impianti di termovalorizzazione per la svizzera-giapponese Hitachi Zosen Inova.

di Emanuele Elli

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