C'e' un'unica strada giusta, la tua
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C'e' un'unica strada giusta, la tua

FARE PROGETTI PER LA PROPRIA CARRIERA, MA SENZA ESSERNE VINCOLATI; COLTIVARE L'AGILITA' E FARSI TROVARE PREPARATI, SE CAPITA IL COLPO DI FORTUNA: SONO ALCUNI DEI CONSIGLI DI MONICA POSSA, ALUMNA E GROUP CHIEF HR ORGANIZATION OFFICER DI GENERALI

“La mia carriera non nasce da un percorso deciso lucidamente a freddo, ma dall’adesione alle mie passioni, da un interesse umanistico per le persone e dalla volontà di avere un impatto sulla società. Anche se inizialmente non avevo chiaro come mettere a frutto tutto questo”. Riavvolge il nastro degli anni Monica Possa, Group Chief HR & Organization Officer di Generali, riassumendo l’avvicendarsi di esperienze diverse che l’hanno portata dai banchi del liceo classico e della Bocconi, dove è stata anche ricercatrice di economia internazionale, ai vertici del gruppo del Leone. “Se oggi dovessi dare un consiglio a un giovane manager, gli direi: sii curioso e cerca la tua strada, senza aver paura di sterzare per uscire dal main stream, perché esiste un percorso migliore ed è diverso per ciascuno di noi”.

Quando ha sentito lei di uscire dalla strada segnata per imboccare bivi che altri non avrebbero considerato?
Per esempio quando, da economista, lasciai l’università e gli studi per gettarmi nell’agone della consulenza, un ambiente completamente diverso nel quale si lavora con un approccio pratico sui temi critici delle aziende, con tempi ristretti, in team estremamente meritocratici. Per un manager quello della consulenza resta un contesto ricco di sfide, nel quale si affinano le proprie capacità e si capisce anche molto di sé. Io dopo alcuni anni in questo settore, per esempio, ho avuto chiaro che, per costruire un vantaggio competitivo in un’impresa sono fondamentali il modello organizzativo e le persone e che da lì in avanti avrei voluto occuparmi di questo aspetto. E allora feci un’altra virata, accettando il ruolo nelle HR di Omnitel che mi propose Vittorio Colao, anche se non avevo alcuna esperienza né il background specifico che pure serviva. Feci una scelta che nessun consulente allora avrebbe considerato furba, ma che si è rivelata giusta per me. E a chi mi dice che conta anche la fortuna rispondo che è così, ma quando arriva l’occasione deve trovarti preparato. Per questo credo sia giusto fare progetti sulla propria carriera, ma senza la rigidità che spesso osservo, altrimenti diventa un vincolo, un limite. Invece bisogna coltivare l’agilità, lavorare su un reskilling costante e lasciare che quello che ci succede ci ispiri.

Esistono ancora funzioni che sono più strategiche rispetto ad altre per puntare a ruoli importanti in un’azienda?
Sì, ma sempre meno. Sicuramente sono molto importanti le funzioni client fronting, ma anche la tecnologia, la finanza, il legale, le risorse umane e tutte le altre funzioni perché l’organizzazione aziendale è sempre più liquida e i confini dei ruoli e delle funzioni sono sempre meno definiti. La vera capacità premiante per un manager oggi è saper sviluppare una visione, riunire intorno a sé le persone giuste e ispirarle verso il cambiamento, perché tutti i settori sono in profonda trasformazione. Anche il ruolo del CEO, in sostanza, è quello di aggregare persone su progetti trasformativi e questa capacità si trova nelle persone, non nelle funzioni. Purtroppo il mercato del lavoro in Italia vive ancora su vecchi paradigmi e incentiva poco i giovani a fare progetti su di sé con coraggio e a diventare imprenditori di sé stessi.

Il contesto di remote working e la mancanza di relazioni fisiche come stanno incidendo sullo sviluppo delle carriere?
Già ben prima della pandemia, Generali aveva l’obiettivo di adottare lo smart working in tutte le entità organizzative del gruppo. Questo, insieme a un profondo percorso di trasformazione culturale avviato da tempo, ci ha fatti trovare sicuramente più pronti per affrontare la situazione emergenziale. Poter far leva sul lavoro da remoto come unica modalità per tutti i dipendenti e per così lungo tempo ha obbligato le aziende a fidarsi molto di più delle proprie risorse. Il fatto che in molti casi le performance non ne abbiano risentito ci conferma che, con un adeguato lavoro di empowerment, si può creare un contesto nel quale le persone lavorano meglio. Le opportunità di carriera, insomma, non mi sembrano inferiori. Inoltre, come manager, questa situazione ci spinge, paradossalmente, a una maggiore vicinanza. Se prima gli scambi con i colleghi o con i dipendenti erano guidati dalla casualità, dagli incontri alla macchinetta del caffè, oggi devo cercarli con consapevolezza per riempire con l’umanità i vuoti lasciati dalle tecnologie. E questo apre grandi spazi di dialogo. L’ottimo, per le imprese, si avrà quanto potremo integrare questa dimensione con quella imprescindibile dell’ufficio, che resta il luogo chiave dove costruire il senso di appartenenza e svolgere attività creative trasversali.

Quanto resta più complicato arrivare al top per un manager donna?
Il gap con il mondo maschile esiste, lo dicono i numeri. È un tema difficile, un problema ma anche un’opportunità per chi dirige un’impresa. Le donne hanno bisogno di tempi diversi per emergere e occorre creare le condizioni perché questa verità possa essere accettata e vissuta serenamente da tutti. Io sono convinta che la nuova normalità post-Covid favorirà l’accesso delle donne alle posizioni apicali perché si lavorerà molto di più sulle performance e si affermerà una cultura meritocratica nella quale tante distorsioni tenderanno a scomparire.
 
 

Laureata in Discipline Economiche e sociali in Bocconi, Monica Possa è Group Chief HR & Organization Officer di Generali. Dopo quasi un decennio di esperienza nella consulenza in Gemini e Boston Consulting Group, è stata responsabile delle risorse umane in Omnitel e in Rcs Mediagroup. “Quando scelsi il DES della Bocconi non avevo in programma niente di tutto ciò”, commenta la manager. “Al Des però scoprii un ambiente stimolante, già aperto all’internazionalizzazione, con docenti straordinari come Mario Monti, Piergaetano Marchetti, Fabrizio Onida, e insegnamenti come logica o epistemologia, oltre ad economia e metodi quantitativi, che mi hanno formato come persona prima ancora che come professionista. Dopo la laurea ero talmente entusiasta che decisi di restare in università come ricercatrice del Cespri (l’allora Centro studi sui processi di internazionalizzazione delle imprese, oggi integrato nel KITeS). Dopo due anni in realtà capii che non era la mia strada. Avevo bisogno di muovermi in un ambito nel quale mettere a frutto le mie capacità più relazionali e meno accademiche e scelsi la consulenza: fu anche quello un salto nel buio, ma a quel punto sentivo di avere davvero tutti gli strumenti per scegliere qualsiasi strada”.

Per approfondire:
Costruttori di carriere. Di Silvia Bagdadli
La crescita è un esercizio di fiducia. Intervista a Paola Boromei, Executive VP Human Resources  Organization di Snam
 

di Emanuele Elli

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