OPINIONI |

Affondano le imprese miopi

STRATEGIA E VALORE PER GLI AZIONISTI: NON CONTANO SOLO I PROFITTI IMMEDIATI, MA ANCHE LE OPZIONI FUTURE

di Robert Grant, ordinario titolare della ENI Chair of Strategic Management in the Energy Sector della Bocconi

L’attuale collasso finanziario è accompagnato da critiche insistenti al modello della massimizzazione del valore per gli azionisti, che ha guidato le imprese negli ultimi due decenni. Tale modello prevede che la finalità principale dell’impresa sia massimizzare il proprio valore di mercato e e che le decisioni di business dovrebbero accrescere il valore attuale netto dei profitti dell’impresa.

Identifico tre effetti perversi del modello: il primo è che per aumentare il valore di mercato le imprese hanno sostituito (costoso) capitale con (più economico) debito, senza considerare le implicazioni sul rischio in momenti di contrazione economica. Per alcune banche l’eccessiva leva finanziaria ha avuto conseguenze fatali. Il secondo è l’enfasi sulla performance finanziaria di breve periodo anziché sullo sviluppo di lungo periodo. Il terzo è che ha fornito una giustificazione conveniente all’autoarricchimento del top management. Per “allineare gli incentivi agli interessi degli azionisti”, ai ceo sono stati assegnati stock option e bonus mentre si rendevano responsabili di una massiccia distruzione di valore.

Questi problemi sono il risultato del modo in cui il modello è stata interpretato e applicato, non del modello in se stesso. Non esiste nessun’altra funzione obiettivo per l’impresa che offra una base altrettanto solida al decision making. L’alternativa è quella che vede l’impresa come una coalizione di stakeholder, i cui interessi l’impresa cerca di conciliare. Ma, a meno che gli obiettivi di questi diversi gruppi e i trade-off tra di essi siano specificati, lo stakeholder model non fornisce criteri chiari per allocare le risorse, monitorare le performance o guidare le decisioni di management.

Tuttavia, se si vuole che il modello di massimizzazione del valore per gli azionisti diventi una solida base per la formulazione della strategia e un affidabile criterio decisionale, esso deve essere applicato meglio.

Propongo tre linee guida. La creazione di valore per gli azionisti deve essere il criterio di base per le decisioni e il mezzo per il management di misurare le performance, ma non costituisce lo scopo d’impresa. Le imprese di maggiore successo nella costruzione di valore per gli azionisti nel lungo periodo hanno tutte un chiaro senso dello scopo. Il valore per gli azionisti non è uno scopo sufficiente per l’impresa in parte perché non è motivante e in parte perché non fornisce una direzione strategica. In realtà, tale valore è creato dal mercato più che dal management. Il compito del management è ottenere profitti, che saranno capitalizzati in valore per gli azionisti, focalizzando l’impresa sulle fonti di tali profitti.

Inoltre, concentrarsi sui driver del valore per gli azionisti implica che l’impresa non dovrebbe ignorare l’interesse degli altri stakeholder, o dell’intera società. La profittabilità nel lungo periodo richiede che si soddisfino i clienti, si motivino gli impiegati e si costruiscano relazioni con i fornitori. E richiede che si risponda alle esigenze della società. Il triste stato di tante grandi banche non è solo il risultato di debolezze di bilancio, riflette anche la perdita di legittimazione che ha spinto gli investitori (fondi sovrani compresi) a negare ulteriore capitale.

Dobbiamo infine ampliare la nostra comprensione delle fonti del valore per gli azionisti fino a includere non solo il valore attuale netto dei profitti, ma anche il valore delle opzioni. In tempi turbolenti, la più importante fonte di valore per gli azionisti deriva dalle opzioni di sviluppo futuro. Senza considerazione per il valore delle opzioni non si porrà adeguata enfasi sulla flessibilità e l’innovazione. Il perseguimento del valore per gli azionisti attraverso rapporti debito/capitale sempre più elevati è un esempio di questa trascuratezza: sostituire capitale con debito accresce il profitto dopo le tasse, ma riduce le opzioni a disposizione dell’impresa.

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