Anatomia di uno scandalo aziendale
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Anatomia di uno scandalo aziendale

A UN ANNO DALLA SCOPERTA DELLA FALSIFICAZIONE DEI TEST SULLE EMISSIONI, NON SI RIESCE ANCORA A PREVEDERE QUANDO VOLKSWAGEN SI RIPRENDERA'

di Julien Jourdan, docente di Global industry of the imaginaries

Doveva essere un anno di onori e di gloria: la Volkswagen era in procinto di sottrarre la corona alla rivale giapponese Toyota e regnare sul mercato automobilistico globale. Poi il mondo ha scoperto che una delle società più ammirate del pianeta aveva falsificato i test di emissione dei motori. Nel giro di pochi giorni, il disonore e la vergogna si sono abbattuti sulla società e il suo top management, accusato di truffa, di menzogna, e di "tradire la fiducia" dei clienti e del pubblico. La Rupe Tarpea, gli antichi lo sapevano bene, è vicina al Campidoglio.
E la caduta di Volkswagen è di quelle che lasciano il segno. Un quarto del valore di mercato è evaporato. L’indignazione pubblica è cresciuta, costringendo il ceo Martin Winterkorn a dimettersi. L'azienda ha perso terreno in tutti i principali mercati, perdendo le posizioni di vertice che si era pazientemente costruita nel corso di decenni. Aggiungendo al danno la beffa, hanno cominciato ad accumularsi le spese legali, mentre i magistrati di tutto il mondo avviavano indagini sulle pratiche fraudolente. A un anno dallo scoppio dello scandalo, nessuno sa ancora quando, per la Volkswagen, potrà iniziare il recupero. Il processo di guarigione prevede spiegazioni, contrizione e cambiamento. L'arrogante slogan "Das Auto" è già storia. Sono in corso grandi cambiamenti nel management e nelle strategie. Non c'è dubbio che l'inversione di tendenza richiederà tempo e spese notevoli.

Gli scandali sono interessanti fenomeni sociali. Comportano una cattiva condotta, reale o presunta, che va contro le norme morali stabilite. Sorprendentemente, la trasgressione è spesso nota. Nella Londra vittoriana, l'omosessualità di Oscar Wilde era di dominio pubblico, ma è stata ignorata fino a quando un processo l’ha portata alla ribalta. L’iniziale prova della cattiva condotta di VW è stata pubblicata nel 2014 in uno studio scientifico, ma è passata inosservata. La pubblicità è ciò che trasforma la trasgressione in uno scandalo: agisce come un detonatore, costringendo chi avrebbe potuto chiudere un occhio a denunciare i colpevoli. Una volta che la storia è pubblica, gli osservatori non hanno altra scelta che condannare la trasgressione. Poi, nell'era dei social media e delle instant news, la notizia di uno scandalo si propaga come un incendio.
 
Il sospetto è un venticello...
Rapidamente, anche gli ex alleati del colpevole e gli attori ritenuti simili sono sospettati. "Se VW lo fa, altri lo staranno facendo, giusto?" A questo punto, essere colpevole o innocente non ha molta importanza. La convinzione che le aziende agiscano in modo moralmente accettabile svanisce; interi settori sono soggetti allo scrutinio pubblico. Le pratiche di Ford, BMW, Renault-Nissan, e altri, finiscono sotto la lente. Alla fine, la cattiva condotta di una società può gettare ombre su un intero settore.
Gli scandali aziendali, però, non sono sempre cattive notizie. Quando indeboliscono uno o più attori centrali, si aprono opportunità di mercato per i concorrenti. A seguito dello scandalo Enron, per esempio, i big four della revisione hanno catturato la maggior parte dei clienti di Andersen. Lo scorso novembre, sia Fiat-Chrysler sia Volvo hanno registrato il loro record di vendite di tutti i tempi negli Stati Uniti.

Gli scandali possono anche avere un lato positivo: richiamano l'attenzione su questioni morali e influenzano in modo duraturo il modo in cui i consumatori e gli stakeholder valutano le organizzazioni. In un recente progetto di ricerca, mostriamo che le organizzazioni che forniscono una valida alternativa all'offerta del colpevole e sono note per un maggiore rigore sono nella posizione migliore per beneficiare di uno scandalo. Fornendo alle imprese virtuose un vantaggio competitivo, gli scandali possono contribuire a modellare positivamente l'evoluzione delle industrie. È ovviamente troppo presto per dirlo, ma possiamo solo sperare che accada anche per l'industria automobilistica globale.
 

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