Francesco Drudi il Bocconiano salvastati
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Francesco Drudi il Bocconiano salvastati

IL CAPO MISSIONE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA PER LA GRECIA HA RICOPERTO LO STESSO RUOLO NELLE TRATTATIVE, ANDATE A BUON FINE, CON CIPRO. TUTTI I SEGRETI DI UNO DEI LAVORI PIU' DELICATI DEL MONDO

La scorsa primavera, quando l’Eurogruppo ha dato il via libera al pagamento della seconda rata del programma di aggiustamento macroeconomico greco, l’italiano che ne ha gioito di più è probabilmente stato Francesco Drudi, il bocconiano (laurea in Discipline economiche e sociali nel 1985) che guida la delegazione della Banca centrale europea nelle trattative con il governo greco sul programma di salvataggio. “I progressi tangibili sulle riforme strutturali in diversi campi, dalle pensioni al sistema finanziario, la conclusione della prima review del programma e le indicazioni di stabilizzazione economica sono buoni segni, che attenuano gli elementi di rischio ed evidenziano la capacità dell’area euro di affrontare anche i più seri dei problemi”, dice. “Per raccogliere appieno il frutto di queste azioni è importante che il governo segnali con chiarezza la propria condivisione degli obiettivi del programma”.

Negli anni scorsi lei ha già guidato la delegazione della Bce a Cipro, dove la crisi è stata superata. Quali sono stati gli elementi decisivi per la soluzione?
È stato decisivo proprio l’atteggiamento delle autorità, che hanno condiviso gli obiettivi del programma e li hanno sostenuti pubblicamente, aumentandone l’accettabilità politica e diminuendo le resistenze della società cipriota. Quella cipriota era, inoltre, una crisi eminentemente finanziaria, più circoscritta come campo di azione di quella greca e con minori ripercussioni sociali. Anche il nostro programma riguardava, quindi, soprattutto il settore finanziario.
Quando avete capito che ce l’avevate fatta?
Quando, nel 2014, l’amministratore delegato della banca principale – che era poi anche quella che aveva sofferto di più – annunciò di essere stato in grado di realizzare un’importante ricapitalizzazione, attirando capitali esteri freschi, solo poco più di un anno dalla fase più drammatica della crisi. Il programma si è poi concluso un anno e mezzo più tardi, ma quello è stato un segnale davvero importante.
Dopo la laurea alla Bocconi, lei ha preso un PhD in Finance alla New York University e ha poi lavorato in Banca d’Italia e Banca centrale europea. Che cosa l’ha spinta su questo percorso di carriera?
L’esperienza del Des della Bocconi mi spingeva verso gli studi di dottorato. Alla conclusione sono rientrato in Italia per motivi personali con l’obbiettivo di continuare  a fare ricerca economica e allo stesso tempo dare un contributo alle decisioni di politica economica. L’istituzione naturale in cui mettere a frutto le mie competenze di finanza e il mio background di macroeconomia internazionale e potere avere un ruolo nella policy era la Banca d’Italia. Nel 1998 la coincidenza di diverse circostanze mi ha spinto alla Banca centrale europea. Ero arrivato a un momento decisivo del mio sviluppo personale e professionale; la Bce stava avviando la politica monetaria unica e la prospettiva di contribuire all’avvio della politica monetaria unica era particolarmente attraente.
Negli anni come è cambiato il suo lavoro?
È cambiato moltissimo. Nel mio ruolo in Banca d’Italia prevaleva la componente ricerca, nelle posizioni che ho occupato in Bce  sono stato molto più vicino alle decisioni di politica monetaria – ed è il motivo che, più di ogni altro, mi ha spinto a Francoforte. È un’evoluzione piuttosto naturale quando si lavora per una banca centrale.
E oggi, come descriverebbe il suo impegno di capo missione della Bce per la Grecia? Fino a che punto il contenuto è tecnico, fino a che punto politico - o servono altre categorie per descriverlo?
Entrambe le componenti sono rilevanti. L’analisi di che cosa sia appropriato in un paese è fondamentale, ma poi si devono considerare i vincoli a livello nazionale ed europeo. Inoltre è necessario coordinare in maniera continuativa l’interazione  fra i membri del mio team – una dozzina di persone nel caso della Grecia – con i team delle altre istituzioni europee coinvolte: la Commissione europea, lo European Stability Mechanism (Esm), che eroga i fondi al governo interessato, e il Fondo Monetario Internazionale. Tecnicamente, la Commissione europea, in collegamento con la Banca centrale europea, conduce le negoziazioni che portano alla stesura del memorandum of understanding, che diventa la base per le azioni  delle autorità. La mano della Bce è, naturalmente, più evidente nella parte del programma che riguarda il settore finanziario. Infine, desidero sottolineare che la capacità di interagire in modo produttivo con le autorità nazionali è l’elemento più importante in questo lavoro.
 

di Fabio Todesco

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