La crisi (economica) che fa bene al cuore
OPINIONI |

La crisi (economica) che fa bene al cuore

GLI STUDI DIMOSTRANO CHE ESISTE UNA CORRELAZIONE TRA LA SALUTE DELL'UOMO E LE CONDIZIONI MACROECONOMICHE DI CONTESTO. MA NON SEMPRE SI TRATTA DI UNA RELAZIONE NEGATIVA

di Aleksandra Torbica, assistant professor presso il Dipartimento di analisi delle politiche e management pubblico

L’impatto della recessione economica sulla salute della popolazione è una questione che ha attirato l’attenzione della comunità scientifica sia in campo medico sia economico. Le ricerche disponibili non forniscono una spiegazione unica del fenomeno. Secondo il paradigma vita sana in tempi difficili, una crisi economica può addirittura essere benefica per la nostra salute, per due motivi principali. In primo luogo, gli individui si comportano meglio in periodi di crisi economica, perché hanno paura di perdere il posto di lavoro e, se disoccupati, si prendono più tempo per se stessi, investendo in attività salutari. In secondo luogo, durante i periodi di ripresa economica lo stress lavoro-correlato potrebbe aumentare e avere effetti negativi sulla salute, aumentando il rischio di attacchi di cuore.
D'altra parte, una mole di prove empiriche sotto l’etichetta «questa volta è diverso» suggerisce spiegazioni del tutto opposte: nei momenti di difficoltà economica e di aumento della disoccupazione, gli individui tendono a essere più stressati e depressi e possono intraprendere comportamenti poco salutari. Un recente studio, pubblicato su The Lancet, mostra che vi è una forte associazione positiva tra l’aumento della disoccupazione e la mortalità per cancro, ma solo nei paesi senza copertura sanitaria universale. Il che suggerisce che questi sistemi sanitari proteggono i cittadini dalle malsane conseguenze della crisi.

Oltre a offrire risultati inconcludenti sul segno della relazione tra crisi economica e salute, gli studi disponibili presentano due importanti limitazioni. In primo luogo, la maggioranza di queste analisi si basa su dati aggregati, che utilizzano indicatori macroeconomici per fare inferenze sul comportamento individuale. La seconda limitazione importante è che nessuno degli studi disponibili fa uno sforzo per comprendere i meccanismi dietro le associazioni individuate. In altre parole, in che modo la crisi economica influenza la salute? Stiamo peggio perché abbiamo meno accesso alle cure mediche a causa della diminuzione della spesa sanitaria o perché la crisi ci induce a impegnarci in comportamenti a rischio? O entrambe le cose?

Tra i pochissimi studi che hanno fatto uso di dati a livello individuale per indagare l'impatto della crisi economica sulla salute c’è quello che ho recentemente pubblicato con Simone Ghislandi (Bocconi) in collaborazione con un cardiologo (Aldo Pietro Maggioni), direttore di divisione di ricerca della Associazione italiana di cardiologia. Ci siamo concentrati sull’infarto miocardico acuto (Ima) perché le determinanti degli attacchi di cuore sono ben note e sono certamente influenzate dalle condizioni macroeconomiche e ambientali. I risultati mostrano che vi è una relazione chiara e forte tra la forza della crisi (misurata attraverso l’aumento del tasso di disoccupazione) e i ricoveri per Ima dal 2009 al 2012. Il numero di ricoveri è aumentato in modo significativo nelle zone in cui la crisi ha colpito di più. Più in particolare, rispetto agli altri ospedali del paese, nei 107 ospedali situati nelle zone più esposte sono stati osservati 30 casi supplementari di Ima (13%), 200 giorni aggiuntivi in ospedale (13%) e 2 ulteriori morti in ospedale (17%). Scendendo lungo la scala di intensità della crisi, il ruolo del contesto economico tende a perdere importanza nel predire la frequenza dell’Ima. I ricoveri rimangono stabili (o diminuiscono) nelle zone meno colpite dalla crisi. In queste aree, l'incidenza dell’Ima non aumenta (e può anche ridursi), come previsto dalla letteratura sulla vita sana in tempi difficili. Questi risultati gettano nuova luce sul rapporto tra intensità della crisi e impatto sull’incidenza dell’Ima: piuttosto che essere costantemente positivo o negativo, esso è a forma di U. In altre parole, un po' di crisi può essere anche un bene per la nostra salute, ma oltre un certo livello l'impatto diventa dannoso.
 

Ultimi articoli Opinioni

Vai all'archivio
  • Con un lavoro sempre piu' liquido, i vecchi paletti servono a poco

    Tempi e modi nuovi di svolgere la propria attivita' da parte dei lavoratori richiedono nuove forme di gestione e nuove tutele. E quindi anche nuove forme e nuovi strumenti di espressione per le relazioni sindacali

  • C'e' fiducia e fiducia

    C'e' quella sociale e quella nelle istituzioni. E se la prima e' piu' stabile agli shock esterni, la seconda e' invece piu' sensibile. Le due possono anche divergere, come durante la pandemia, quando a una sfiducia nelle istituzioni Usa per la gestione dell'emergenza ha corrisposto un aumento della fiducia sociale

  • L'arma e' il reskilling

    Secondo una survey del World Economic Forum in tutto il mondo, nel 2027 il 42% dei lavori sara' automatizzato. La competitivita' dei lavoratori passera' dunque, sempre di piu', da una formazione che li metta al passo con le nuove necessita' del mercato. Perche' la facciano, tuttavia, e' necessario che ne colgano l'utilita'

Sfoglia la nostra rivista in formato digitale.

Sfoglia tutti i numeri di via Sarfatti 25

SFOGLIA LA RIVISTA

Eventi

Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30 31