Dimmi com'e' il tuo ufficio e ti diro' chi sei
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Dimmi com'e' il tuo ufficio e ti diro' chi sei

CURIOSARE NEGLI STUDI DEI DOCENTI PERMETTE DI SVELARNE PASSIONI E ASPETTI DEL CARATTERE INASPETTATI. VIASARFATTI25 LO HA FATTO E RACCONTERA' COSA HA SCOPERTO IN TRE GALLERIE FOTOGRAFICHE

Il mestiere che facciamo non descrive quasi mai a pieno chi siamo, quali passioni abbiamo e cosa ci piace nella vita. Vale per tutti e vale anche, chiaramente, per i docenti della Bocconi. Così, affiancato dal fotografo Paolo Tonato, viaSarfatti25 è entrato negli uffici dei professori, nella moderna sede di via Roentgen 1, con l’idea di farsi raccontare chi sono al di là di ciò che insegnano o studiano. E poiché spesso è proprio ciò di cui ci attorniamo (o non ci attorniamo) a parlare per noi, l’attenzione si è concentrata proprio sugli oggetti che sono immersi nello spazio di lavoro e che quindi finiscono per raccontare chi lo spazio lo occupa e lo vive. Ne sono nati tanti scatti e aneddoti che diventeranno, a partire da oggi, tre gallerie fotografiche sulla pagina Facebook dell’Università Bocconi.

Si scopre così che c’è chi tiene un poster di un concorso pianistico perché prima di insegnare filosofia del diritto è quasi diventato un pianista professionista e chi espone sulle mensole un piccolo acquario interamente in legno perché è appassionato di subacquea. O chi tiene sulla scrivania un modellino del celebre furgone Westfalia della Volkswagen perché gli ricorda i tre – reali – che possiede. E ancora c’è chi è appassionato di arte contemporanea e vorrebbe decorarsi l’intero ufficio, chi possiede una coppa simile a quella della Champions League regalata dai colleghi e chi, per scommessa, in Armenia, ha acquistato un medaglione celebrativo di Lenin e Stalin. Dai metri quadri di vetro degli uffici di Roentgen, insomma, emergono tante piccole grandi storie.

“Il quanto ci si appropria del proprio spazio racconta anche il quanto ci si identifica con l’istituzione”, spiega Beatrice Bauer, docente di organizzazione e personale di SDA Bocconi. “Come si fa con lo studio di casa propria, che si organizza a propria immagine e somiglianza, così l’ufficio diventa uno spazio che parla di sé”. Per alcuni, poi, attorniarsi di ricordi, che si tratti dei disegni dei figli o dei souvenir di viaggi o esperienze, “può essere un modo utile ad alleggerire l’attenzione e la tensione del lavoro”. Non solo: “I più creativi”, continua Bauer, “desiderano spesso crearsi intorno un ambiente che sia lontano da regole rigide”. Così c’è chi porta poltrone, lampade e piante per creare un ambiente più accogliente, o chi ama uno spazio ricolmo di oggetti che richiamano diverse esperienze. Ma c’è anche chi, al contrario, ha deciso di mantenere un ambiente funzionale e senza fronzoli. “In questo caso emerge invece un desiderio di controllo e di ordine. Però anche questo può facilitare il lavoro perché permette di non sprecare tempo distraendosi con cose inutili”, aggiunge Bauer. D’altronde, ognuno è fatto a suo modo, e ciascuno trova un modo diverso di concentrarsi.

Insomma, aprire le porte degli uffici dei prof è entrare in contatto con molte personalità diverse e con un microcosmo di gusti, speranze e passioni. Scoprendo, magari, che nel Dipartimento di finanza c’è un patito di Pink Floyd, che un economista è grande fan di Bruce Springsteen o che c’è chi tiene in ufficio, regalata da una ex coinquilina, la riproduzione della stanza in cui abitavano insieme a New York.
 

di Andrea Celauro

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