I diritti umani non si fermano
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I diritti umani non si fermano

DAL GIUSNATURALISMO ALLE DICHIARAZIONI AMERICANA, FRANCESE E UNIVERSALE, FINO A QUELLI DI TERZA E DI QUARTA GENERAZIONE: LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI E' UN TEMA IN CONTINUA EVOLUZIONE. MA LA SCOMMESSA, COME DICEVA BOBBIO, E' TROVARE IL MODO PER RISPETTARLI

di Paola Gaeta, adjunct professor, insegna Civil Liberties and Human Rights

Una poesia di Pessoa parla di due giocatori di scacchi, che «quando in Persia/C’era non so che guerra,/Quando l’assalto nella Città avvampava,/E urlavano le donne,…./ giocavano/Perenne una partita». Questi due giocatori, che non si curavano di quanto accadeva nella loro stessa città, messa a ferro e fuoco dal nemico, rappresentano per Pessoa il modo in cui alcuni o forse molti di noi trascorrono la loro vita, che ci assorbe come quando si gioca a scacchi, ma che poi è niente. Perché le cose gravi e serie sono altrove, e la nostra vita è a volte solo la scacchiera della nostra indifferenza. Le storie e i video raccontati in questo numero di Via Sarfatti 25 parlano di un’altra storia. È la storia fatta da tutte quelle persone che in Bocconi e altrove, in molti altri posti, a vario titolo e in diversa misura, partecipano a un grande progetto, quello per lo sviluppo e il rispetto dei diritti umani. È un progetto che ha radici lontane. Prende avvio con il pensiero di filosofi giusnaturalisti quali John Locke, che sosteneva che la persona umana possiede per natura diritti inalienabili, e continua con la Dichiarazione degli Stati americani e della Rivoluzione francese che posero le fondamenta di questo grande progetto sul piano del diritto positivo.

Le due Dichiarazioni proclamarono con forza un nuovo modello di società, dove lo Stato non è più il fine ma il mezzo per il raggiungimento e il godimento di diritti che tutte le donne e gli uomini possiedono per natura, essendo nati liberi e uguali. Come Bobbio ci ha spiegato, con questo passaggio – così importante per la creazione del moderno Stato democratico – i diritti pensati dai filosofi giusnaturalisti persero però qualcosa. Calandosi nella realtà del diritto positivo, essi si frammentarono: le Dichiarazioni postulavano infatti i diritti del cittadino verso lo Stato, e non della persona umana come tale; e in più questi diritti esistevano solo se riconosciuti da questo o quello Stato, e non sul piano universale.
 

Ci sono voluti più di cento anni dalla Dichiarazione americana e francese, sullo sfondo di due guerre mondiali e delle atrocità commesse dalla Germania nazista contro gli ebrei tedeschi privati della cittadinanza, per proclamare l’universalità dei diritti umani e avviare il cammino verso il loro riconoscimento sul piano del diritto positivo a livello internazionale. La Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea generale dell’Onu, è stata il primo e dunque anche il più importante passo in questa direzione, anche se essa è uno strumento giuridico formalmente non vincolante per gli Stati. Oggi esistono invece numerose norme internazionali di natura vincolante che hanno chiarito e arricchito il contenuto dei diritti  proclamati nella Dichiarazione del 1948, ossia i diritti della persona come tale (come il diritto alla vita), i diritti della persona nei rapporti con gli altri (per esempio il diritto alla riservatezza e la libertà religiosa), i diritti politici (come la libertà di pensiero e il diritto di elettorato attivo e passivo) e, infine, i diritti economici e sociali (quali il diritto a un’equa retribuzione del lavoro).

Altre norme internazionali hanno garantito altri diritti, non previsti dalla Dichiarazione del 1948, perché la nascita e il riconoscimento di nuovi diritti è andata di pari passo con i progressi dell’uomo di dominare la natura, le cose e gli altri essere umani. Non poteva e non può essere altrimenti: dal progresso tecnico e scientifico sono infatti sorte minacce alle libertà individuali che in passato non esistevano, e che dunque hanno richiesto nuove protezioni o rimedi. Oggi vi sono anche diritti di terza e finanche di quarta generazione, come il diritto di vivere in un ambiente non inquinato o i diritti che sono nati  e potranno ancora originare dai progressi sulla manipolazione genetica. Insomma, l’espansione del catalogo dei diritti umani, ben oltre dall’enunciato della Dichiarazione universale del 1948, è ipoteticamente un processo interminabile, dettato dall’eterno mutamento delle società.

Il punto però non è quello dei confini da porre allo sviluppo dei diritti, giacché in tal modo si negherebbe il fondamento stesso della dottrina dei diritti umani secondo cui i diritti nascono (o dovrebbero nascere) ogni volta che vi è la necessità di proteggere l’individuo dal rischio di oppressione della società e di garantire il suo pieno inserimento nella società stessa. Ciò che davvero importa e ci sgomenta è come fare in modo che i diritti proclamati e garantiti  siano poi davvero rispettati. Perché ovunque nel mondo, ma forse anche dietro la porta di casa, vi è un diritto calpestato.  La risposta non è certo nella solitaria indifferenza dei giocatori di scacchi, ma credo sia - come dice Bobbio -  nella scommessa. Perché chi scommette sui diritti umani, almeno ha fiducia di vincere, ma se non si ha nemmeno la minima fiducia, si perde ancora prima di cominciare. E come dice Bobbio, riprendendo Kant, per scommettere ci vogliono «giusti concetti, una grande esperienza, e soprattutto molta buona volontà».
 
 

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