OPINIONI |

Breve parabola delle banche centrali

IL SISTEMA ESISTE DA MENO DI DUE SECOLI ED E' STRETTAMENTE LEGATO ALLA FINANZA GLOBALE. SI EVOLVE IN REAZIONE ALLE CRISI ED E' SEMPRE PRONTO AD AFFRONTARE QUELLA APPENA PASSATA

di Gian Luca Podesta', ordinario all'Universita' di Parma e docente di Storia economica in Bocconi

L’esperienza delle banche centrali moderne è relativamente recente e risale al XIX secolo. Si potrebbe forse risalire più indietro, alla Casa di San Giorgio (1407), che a Genova svolgeva una funzione pubblica operando come tesoreria della Repubblica, o alla Riksbank (1656), che, per surrogare l’utilizzo delle sempre più pesanti monete di rame coniate dalla zecca reale svedese a causa dell’inflazione, fu autorizzata ad emettere carta moneta. Si trattò, però, di episodi contingenti e pionieristici.
Ben più importanti furono la fondazione della Bank of England nel 1694 e l’esperimento di John Law che, per salvare le casse della corona francese depauperate dalle spese militari e di corte di Luigi XIV, fu autorizzato dal reggente Filippo d’Orleans ad architettare una complessa struttura finanziaria al centro della quale si poneva la Banque Génerale, autorizzata ad emettere dei certificati di pagamento con i quali potevano essere acquistati i titoli della Compagnia del Mississippi e con i quali, soprattutto, si potevano saldare le tasse. Fino al XIX secolo il concorrente più temibile fu il sistema bancario libero, nato in Scozia e lodato da Adam Smith, in cui lo Scottish Banking Act del 1765 autorizzava ciascun istituto o singolo banchiere ad emettere carta moneta.
 
➜ il bank charter act del 1844
Convenzionalmente il moderno sistema della banca centrale data 1844, quando il governo britannico promulgò il Bank Charter Act, che rendeva effettivamente la Bank of England la banca delle banche, permettendole di godere del monopolio dell’emissione delle banconote e attribuendole il compito di tendere alla stabilità dei mercati finanziari, agendo come prestatore di ultima istanza.
Dalla fine del secolo la banca si pose come capofila delle nuove banche centrali delle altre potenze economiche e politiche con la funzione di stabilizzare le relazioni economiche internazionali e i rapporti di cambio delle diverse valute all’interno del gold standard. Finalmente nel 1913 anche gli Usa istituirono il Federal Reserve System. A partire dal 1873, e soprattutto dopo quella del 1929, le crisi finanziarie furono le tappe mediante le quali si formarono le esperienze e si consolidarono le pratiche delle banche centrali, la cui funzione divenne nevralgica, dopo il 1945, anche per assecondare le politiche macroeconomiche concepite dai rispettivi governi, pur salvaguardando la propria indipendenza.
La storia delle banche centrali è strettamente legata a quella del sistema finanziario globale. In un modello selettivo darwiniano le crisi rappresentano il parametro ideale per valutare l’efficacia delle politiche delle istituzioni monetarie. Sotto questo profilo, sembra valere anche in questo caso la massima cara agli uomini politici che gli stati maggiori in genere sono pronti a combattere le guerre del passato e non quella odierna, così le risposte delle autorità monetarie alle situazioni di crollo dei mercati finanziari e di panico sono modellate sulla base delle evidenze delle crisi trascorse.
Dalla fine dell’ordine monetario internazionale di Bretton Woods e, soprattutto, dopo il crollo del sistema bipolare che ha retto, nel bene e nel male, l’equilibrio del mondo fino al 1989, le relazioni euro-americane sembrano essersi un po’ allentate. L’enorme e incontenibile ruolo assunto dalla finanza globale, come insegna l’esperienza degli ultimi 20 anni, genera crisi a tempi sempre più ravvicinati. Come risposta allo shock del 2007/08 la Federal Reserve e la Bce hanno sostanzialmente scelto due strade diverse. È chiaro che, fatta salva la propria libertà intellettuale e indipendenza formale, nessun banchiere centrale può sfuggire alla moral suasion delle rispettive autorità politiche (nel caso europeo di quelle più forti e incisive). A partire dalle ricerche di Milton Friedman e di John Kenneth Galbraith o di Barry Eichengreen e Charles Kindleberger siamo tutti consapevoli che prima e dopo il 1929 le autorità monetarie e quelle politiche hanno compiuto degli errori o hanno fatto delle scelte che hanno peggiorato la depressione economica. Sarei curioso di sapere quale sarà tra cinquant’anni il giudizio degli storici e degli economisti su Ben Bernanke e Mario Draghi.
 

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