Buenos Aires: astenersi deboli di cuore
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Buenos Aires: astenersi deboli di cuore

UNA CITTA'STATO EMBLEMA DI UN PAESE CON TANTI PROBLEMI MA ANCHE ENORMI POTENZIALITA'. IL RACCONTO DI MARCELO GIROSI, MBA SDA BOCCONI SCHOOL OF MANAGEMENT NEL 1997

I miei amici italiani ripetono spesso che l’Argentina è molto simile all’Italia. E non potrebbe essere diversamente se è vero che, nei 100 anni tra il 1876 e il 1976, si sono stabiliti da queste parti 3 milioni di italiani. Nel 1981 uno straniero su quattro era italiano e oggi alcune statistiche calcolano che 1.500.000 persone parlino ancora l’italiano. A dimostrazione di un interesse culturale che va oltre il recupero delle proprie radici, la Società Dante Alighieri, che diffonde la lingua italiana nel mondo, ha diverse migliaia di allievi. Detto questo, è però vero che la lingua è diffusa soprattutto tra i più anziani e che sentirla per strada, fantasiosamente mischiata allo spagnolo, è sempre più raro.
Eppure le somiglianze permangono, soprattutto con la parte più caotica dell’Italia, ovvero quella meridionale – detto da un argentino di nonno napoletano.
La vita economica argentina è concentrata soprattutto nell’area metropolitana di Buenos Aires, dove vive più del 30% della popolazione. Al di fuori di Buenos Aires c’è qualche altra grande città, ma gli insediamenti sono per lo più poco popolosi e dispersi. La capitale è molto più vivace di quanto si percepisca in Europa, sia dal punto di vista dell’attività economica, sia culturale. La città è anche un catalizzatore di immigrazione giovanile dal resto del Sud America, e soprattutto dalla Colombia, per la qualità e l’economicità delle sue università. Così è sempre più frequente l’esperienza di farsi servire, nei negozi, da commessi stranieri, che lavorano per pagarsi il mantenimento durante gli studi.
Dal default del 2001 in poi, purtroppo, si ha la sensazione di essere sempre in bilico tra una crisi e l’altra. Se al 2001 sono seguiti anni di vigorosa crescita, alla fine dello scorso decennio si è registrato un altro, brusco stop e non sono solo gli investitori stranieri, ma gli stessi cittadini argentini, a fare fatica a farsi un quadro preciso della situazione. A seconda della parte politica che fa le statistiche, negli ultimi anni la crescita potrebbe essere stata del 2-3% o nulla, o addirittura negativa. Il dato  su cui si concentrano le maggiori polemiche, è l’inflazione. A fronte di un’inflazione percepita del 20-30%, i dati ufficiali sono sempre stati molto più bassi; e, allora, solo per fare un esempio, di quanto si devono adeguare i salari? La cosa è oggetto di contrattazione, tutti gli anni, tra datori di lavoro e sindacati e anche chi pensi di venire a ricoprire una posizione manageriale deve assicurarsi che l’azienda per cui lavorerà preveda meccanismi ragionevoli di adeguamento.
Il vero problema è che questa situazione, insieme ad alcune incertezze di tipo legislativo, costituisce un forte disincentivo all’investimento e le imprese italiane presenti – che sono moltissime – non sono di recente insediamento. Così anche la comunità dei bocconiani non argentini è piccola: qualche imprenditore e pochi manager.
Qui trovano un ambiente di lavoro business-friendly, ma molto esuberante e devono fare i conti con riunioni che potrebbero durare la metà (ma gli italiani forse sono abituati...) e con qualche inefficienza strutturale.
In prospettiva, dopo le elezioni di ottobre e un’auspicabile ripresa, l’Argentina potrebbe diventare un luogo molto interessante: con molti bisogni non soddisfatti, se ci si viene con mentalità imprenditoriale, e una rete infrastrutturale da reinventare. In più, anche se ce lo raccontiamo ormai da più di 50 anni, ci sono risorse naturali abbondantissime, che potrebbero sostenere un forte sviluppo. Non sarà per i deboli di cuore, ma qualcuno vorrà provarci.
 
 

di Marcelo Girosi

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