Se la socievolezza diventa un lavoro
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Se la socievolezza diventa un lavoro

L'ALUMNA BOCCONI KRISTIN ENGVIG E' FONDATRICE E CEO DI WIN, UN FORUM INTERNAZIONALE AL FEMMINILE DOVE SI IMPARA A COSTRUIRSI UN NETWORK PROFESSIONALE

Se le esperienze internazionali sono spesso l’anticamera del successo professionale, chi non ha la possibilità di costruirsi una rete globale di conoscenze finisce per trovarsi svantaggiato. Per quanto riguarda le opportunità di networking cross-culturale, talvolta l’operato delle donne anticipa le tendenze globali: l’uguaglianza di genere, l’apertura e l’equo accesso alle opportunità sono alcuni dei principi alla base della nascita di WIN (Women International Networking). La fondatrice e Ceo Kristin Engvig racconta la storia di uno dei principali forum di international leadership dedicati alle donne e agli uomini aperti che desiderano intraprendere un processo di apprendimento interculturale in continua evoluzione.

La sua carriera è iniziata nel settore bancario. Come è arrivata a diventare una professionista del networking e come è nata WIN?

Dopo essere partita dalla Norvegia e aver fatto il master in International Economics and Management alla SDA Bocconi, ho subito cominciato a lavorare per JP Morgan e poi per Citibank. Però, da giovane donna che sognava di cambiare il mondo in un luogo più giusto e accogliente, mi sono subito resa conto che l’ambiente aziendale non faceva per me. Ho avuto l’illuminazione quando ho cominciato a vedermi come un brutto anatroccolo, che per diventare un cigno doveva andare da un’altra parte. A quel punto ho deciso di lasciare il mondo del credito e poco tempo dopo ho iniziato a lavorare ad alcuni progetti di insegnamento in Europa Orientale, in collaborazione con l’Università Bocconi e alcune agenzie di consulenza. In quel periodo mi sono resa conto che, in quanto europea nord-occidentale, sono stata incredibilmente fortunata nelle mie scelte ed opportunità di istruzione. E nonostante questo c’erano pochissime donne consulenti! Così ho cominciato a chiedermi se ci fosse un modo di dare alle persone meno privilegiate la possibilità di costruirsi una rete di contatti funzionale, e di creare organizzazioni dove queste persone siano incluse, così da poter diventare parte del gioco. All’epoca vivevo a Milano e partecipavo assiduamente ai network femminili, una forma di volontariato che mi è sempre piaciuta e che mi ha permesso di esercitare varie competenze, come ad esempio parlare in pubblico. È in quel contesto che mi è venuta l’idea di organizzare una conferenza su come sviluppare le capacità e gli atteggiamenti appropriati per facilitare il networking e renderlo più trasparente. Così è nata WIN. All’inizio era un evento volontario, che negli anni è stato sempre più seguito ed è finito per diventare una conferenza annuale sulle strategie vincenti che le donne possono adottare nell’era della globalizzazione, in cui dirigenti di tutto il mondo ricevono e condividono spunti preziosi su tendenze e sfide future.

Lo scopo delle conferenze WIN è dare un’opportunità alle persone che sono prive di un proprio network e anche delle capacità di svilupparne uno. Esiste un modus operandi che permette di creare contatti in modo efficace, e c’è un galateo internazionale che si applica a questa tecnica?

Il networking è fondamentale non solo per il lavoro, ma anche per la crescita personale, perché è grazie al contatto umano che mettiamo a confronto i nostri punti di vista. Come norma generale, durante le conferenze bisogna essere aperti e disponibili a creare nuovi contatti, perché in questo modo si hanno più possibilità di conoscere persone interessanti. Inoltre bisogna essere pronti a mettersi in relazione con gli altri a livello non solo professionale, ma anche personale, dal momento che condividere i propri interessi, mostrarsi disponibili a dare e ricevere aiuto, insieme a un po’ di buone maniere, come ringraziare e tenersi in contatto, aiutano a costruire e mantenere rapporti autentici.
Chiaramente questo meccanismo non è necessariamente universale. In alcuni contesti culturali esistono norme di comportamento che limitano il livello di condivisione e apertura considerati appropriati, anche nella forma di restrizioni legate al genere. Ogni ambiente è specifico. Penso, ad esempio, all’India o al Giappone: quando ho avuto la possibilità di lavorare lì mi sono resa conto che le regole interpersonali sono diverse da quelle a cui ero abituata, e richiedono tempi più lunghi. In questi casi, la cosa migliore da fare è essere rispettosi, ascoltare di più, essere aperti ai nuovi stimoli e investire tempo nei rapporti. In alcune culture, ad esempio in Italia, si attribuisce molta importanza al fatto di instaurare una certa confidenza con i partner professionali. Così si supera la sensazione di disagio e si costruisce un ponte tra le culture. Credo che la fiducia stia alla base di ogni buona relazione, e questo è un principio valido in tutte le culture.

Lei è una leader e un’imprenditrice internazionale. In che modo la sua esperienza globale l’ha cambiata, come leader e come persona?

La comunicazione cross-culturale porta inevitabilmente verso un’evoluzione, perché ti obbliga a lavorare sulla chiarezza quando comunichi un messaggio, ma ti abitua anche a ricevere un feedback totalmente diverso da quello che ti aspetteresti, sulla base dell’esperienza. Si diventa consapevoli delle proprie abitudini, perché si è obbligati a rendersi conto dei propri meccanismi prima ancora di condividerli e spiegarli a qualcun altro. Poi, lavorare in ambito globale mette a contatto con una serie di stili, visioni e modi di vita diversi. Un leader internazionale si confronta con sfide sempre nuove e si misura con un apprendimento continuo su come le cose funzionino in ambienti diversi ma anche dentro di sé. Dal mio punto di vista un leader è una persona solida, affidabile, in grado di aiutare gli altri ad evolvere, e un aspetto particolarmente affascinante della leadership internazionale è che consente davvero di essere di ispirazione agli altri, incoraggiandoli ad impegnarsi in imprese apparentemente impossibili mostrando loro che ciò che sembra loro irraggiungibile in realtà è già successo o sta succedendo in un’altra parte del mondo. Questo è particolarmente significativo, soprattutto se pensiamo che c’è una tendenza pronunciata tra i partecipanti alle conferenze WIN: sempre più donne in posizioni manageriali sono alla ricerca di significato nella propria vita, e di un ambiente di lavoro diverso.
 

di Testo raccolto da Elisa Bazzani

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