In sanita' la differenza la fa il genere
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In sanita' la differenza la fa il genere

LE DONNE, VIVENDO 5 ANNI IN PIU', CONSUMANO PIU' RISORSE. SE LA SPESA PRO CAPITE PERO' FOSSE UGUALE A QUELLA DEGLI UOMINI LA LOMBARDIA SPENDEREBBE FINO AL 7,8% IN PIU' ALL'ANNO

di Simone Ghislandi, Assistant professor presso il Dipartimento di analisi delle politiche e management pubblico

In un recente spot per un prodotto farmaceutico contro i sintomi influenzali  veniamo rassicurati sul fatto che il prodotto  è efficace sia sulle donne che sugli uomini. La tesi di fondo dello spot sembrerebbe essere che esistano due influenze: una femminile, vissuta  come uno spiacevole inconveniente, e una maschile,  accompagnata da scomposta drammaticità e impazienza. Per fortuna, un solo farmaco è sufficiente per entrambe. Questa differenza fra uomini e donne non è stata però inventata dai pubblicitari. In Inghilterra esiste addirittura un termine, man’s cold, per indicare che anche di fronte al semplice raffreddore, un uomo tende a esagerarne i sintomi. «It’s not a regular cold, it’s a man’s cold!». È evidente che in tutti questi casi si gioca su delle differenze di genere che non hanno basi biologiche, in quanto non esiste una differenza medica fra influenza femminile e influenza maschile. Semplicemente, donne e uomini reagiscono psicologicamente in modo diverso allo stesso sintomo.
Al di la dell’aneddottica, però, la domanda interessante dal punto di vista economico è se dobbiamo aspettarci che uomini e donne abbiano differenti esigenze sanitarie lungo il loro arco di vita. Dal punto di vista della sanità pubblica, la risposta richiede un’analisi dei consumi sanitari di donne e uomini per tutte le fasce di età.  L’età è qui infatti importante perché le donne vivono in media quasi 5 anni più degli uomini, ed è logico aspettarsi che, invecchiando, le donne consumino più risorse in termini assoluti.
In uno studio condotto insieme a Carlo La Vecchia e Eva Negri (Istituto Mario Negri), Piergiorgio Crosignani (Policlinico di Milano) e Carlo Zocchetti (Regione Lombardia), si sono voluti analizzare proprio i flussi dei consumi sanitari per classi di età e per sesso per la Lombardia. Dato che il sistema informatico della regione raccoglie i dati riguardo a tutte le procedure sanitarie (ricoveri, farmaci e ambulatoriale) effettuate dagli enti convenzionati e rimborsate dalla regione, il dataset copre l’80% (la spesa per servizi out-of-pocket e per i ticket era esclusa) della spesa sanitaria della più grande regione italiana nel 2010 (10 milioni di cittadini). 
Sulla base di analisi grafiche semplici ma particolarmente chiare, è evidente che in effetti una differenza di genere nel consumo di sanità esiste ed è piuttosto marcata. In generale, come è logico aspettarsi, le donne assorbono maggiori risorse degli uomini, in quanto vivono più a lungo. Se si guarda però la spesa pro capite per ogni classe di età, tre fatti saltano subito agli occhi. Innanzitutto, una donna mediamente consuma molti più servizi sanitari di un uomo fra i 25 e i 40 anni. Ciò è dovuto in genere alla maternità. In secondo luogo, a parità di età, un uomo, specialmente tra i 60 e 90 anni, costa al sistema molto più di una donna. Più nel dettaglio, se si spendesse pro capite per le donne in Lombardia quanto si spende per gli uomini, la spesa sanitaria crescerebbe del 7,8% in un anno. Ovviamente, queste differenze potrebbero essere dovute ai diversi bisogni (malattie) delle donne rispetto agli uomini. Ma anche controllando per macro-patologie e per cronicità, le differenze permangono.
Sarebbe pertanto interessante capire se queste differenze fra generi siano il risultato di un sistema che alloca le risorse in modo distorto oppure se le ragioni siano da ricercare in fattori biologici. Soprattutto perché in gioco c’è l’uguaglianza di genere nell’accesso alle cure sanitarie. Si, perché in effetti i dati che abbiamo mostrato stridono fortemente con le evidenze che arrivano dagli Usa, dove le donne consumano il 70% circa della spesa sanitaria. Dato che il sistema americano è fortemente privatizzato, potrebbe benissimo essere che sia il loro meccanismo di allocazione a essere distorto (per esempio, alti prezzi per chirurgia plastica). Ma, per ora, la letteratura rimane abbastanza vaga sulla questione.
 

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