Dal mercato ai partner: le sfide dell'imprenditore immigrato
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Dal mercato ai partner: le sfide dell'imprenditore immigrato

IL FENOMENO DELLE STARTUP OLTRE CONFINE E' IN CRESCITA. TUTTO PARTE DA UN'OPPORTUNITA' CHE SI DECIDE DI COGLIERE. MA LE RAGIONI DELLA SCELTA DEL PAESE DI DESTINAZIONE SONO DIVERSE E NON SOLO LEGATE AL BUSINESS

di Mikkel Draebye, SDA professor di Strategia e imprenditorialita'

L’evidenza aneddotica suggerisce che l’imprenditorialità immigrata è in crescita. Un numero sempre maggiore di individui, anche a livelli molto alti di formazione, decide di avviare un business in un paese diverso da quello di nascita. Ci sono italiani che decidono di avventurarsi nei paesi ad alta crescita dell’Asia e del Sud America o decidono di esplorare nuove opportunità e valorizzare il proprio talento in paesi in cui l’ecosistema delle start-up è più sviluppato, come gli Stati Uniti, il Regno Unito e, ultimamente, Berlino e la Germania. Ci sono anche stranieri che decidono di stabilire la loro azienda in Italia, dove sono vicini a fornitori di livello mondiale in alcune industrie.
Nel più genuino spirito imprenditoriale, la decisione di buttarsi, per la maggior parte degli imprenditori immigrati, è legata a un’opportunità, tipicamente un’opportunità di mercato che si rivela maggiore nel paese straniero che in quello d’origine. Tali opportunità di mercato sono dovute a due ragioni. La prima ragione è costituita dalle differenze nel ciclo di vita dei vari settori nei diversi territori; in economie in crescita quali India, Cina e Brasile alcuni segmenti di mercato sono allo stato embrionale, mentre sono maturi in Italia. È quel che accade in certi segmenti del food&beverage come il vino e il gelato artigianale, ma anche in settori come l’energia solare fotovoltaica, che si è sviluppata in Europa e negli Stati Uniti con quasi dieci anni di anticipo rispetto all’Asia e al Sud America. Le differenze di domanda, preferenze e situazione demografica sono la seconda ragione. Anche senza considerare il ciclo di vita dei settori e lo sviluppo economico, bastano le differenze demografiche e di domanda per rendere alcuni mercati geografici semplicemente più grandi di altri. Il consumo di cibo biologico in Germania è tre volte quello della Gran Bretagna, le donne norvegesi spendono in scarpe il doppio della media dell’Unione europea e il mercato per gli investimenti di venture capital nelle start-up è cinque volte più grande negli Stati Uniti che in Europa.

Così, se si è un imprenditore alle prese con una start-up il cui mercato è globale, da europeo perché non essere opportunista e stabilirsi negli Stati Uniti?
Un’altra ragione per fare una start-up all’estero può essere l’accesso a risorse specifiche. In giro per il mondo ci sono cluster di eccellenza, che attraggono start-up perché offrono un ecosistema di impiegati, partner, fornitori, distributori e clienti che aumenta le probabilità di successo. Essere vicini al distretto dell’occhiale nell’Italia nord-orientale, essere vicini agli investitori europei in venture capital a Berlino o trarre vantaggio dai finanziamenti del governo danese alle start-up in life-science sono alcuni esempi.
Infine, ma non meno importante, anche alcune considerazioni personali possono giocare un ruolo importante per diventare un imprenditore immigrato. La vicinanza ai nostri altri significativi può essere un fattore decisivo, non solo per decidere dove cominciare, ma anche nella scelta imprenditoriale, perché questa può essere la migliore, o l’unica, opportunità di carriera.
Tutte le start-up e le imprese a uno stadio iniziale dipendono da buone partnership. Una sfida delicatissima per gli imprenditori immigrati è selezionare e consolidare tali partnership. Le differenze linguistiche e culturali possono rendere difficile la selezione, che può farsi ancora più difficoltosa per le differenze nella struttura industriale e nelle modalità di fare business. Per gli imprenditori che stanno cercando di trarre vantaggio dalle opportunità di mercato nelle economie in crescita, anche l’accesso a collaboratori e impiegati qualificati e motivati è spesso citato come una difficoltà. Così come la comprensione della burocrazia e dei regolamenti.
Un socio finanziatore locale di fiducia può essere di aiuto per gran parte delle sfide che un imprenditore immigrato deve affrontare, ma identificare un simile profilo dopo la decisione di buttarsi è difficile e rischioso. Perciò sarebbe meglio prendere la decisione di partire solo dopo la creazione del team.

Il rischio di fallimento può essere circoscritto se si prendono decisioni brillanti sulla composizione del team e sulle partnership, ma il rischio finanziario deve essere gestito separatamente. I principi di gestione del rischio finanziario sono validi per ogni tipo di imprenditore e comprendono principi di buon senso come non investire più di quanto si sia disposti a perdere; avviare soluzioni a basso costo e basso investimento prima di fare il salto dimensionale; trasformare quanti più costi fissi e investimenti anticipati in costi variabili nella fase di start-up; farsi cofinanziare lo sviluppo da partner e clienti; vendere prima di produrre.
L’imprenditorialità immigrata offre molte opportunità, ma comporta anche sfide e rischi specifici, che devono essere gestiti. Il rischio può essere gestito seguendo alcune, semplici regole di mitigazione, ma il successo dipende da fattori come l’acume negli affari, la leadership imprenditoriale, la flessibilità strategica e la perseveranza. Il successo di un imprenditore immigrato non significa successo solo per lui e il suo team, ma ha ricadute positive anche sul paese straniero in cui l’attività economica è stata creata. È improbabile che assisteremo a un’altra rivoluzione economica creata dagli imprenditori immigrati come quella vissuta dagli Stati Uniti alla metà del 19° secolo, ma a qualsiasi paese e a qualsiasi imprenditore può bastare anche meno.
 

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