Erling Astrup, un 'nervigese' alle prese con tasse e burocrazia
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Erling Astrup, un 'nervigese' alle prese con tasse e burocrazia

FORTE DI UN MBA ALLA SDA BOCCONI, HA ABBANDONATO IL SUO POSTO DI MANAGER BANCARIO A OSLO PER ACQUISIRE L'AZIENDA VITIVINICOLA NERVI DI GATTINARA E L'HA GUIDATA ALLA CONQUISTA DEI MERCATI ESTERI

Il norvegese Erling Astrup (nella foto di Matteo Tosi) ha degustato per la prima volta un vino Nervi nel 1995, mentre si trovava a Milano per frequentare il Master of Business Administration di SDA Bocconi. Non poteva immaginare che sedici anni dopo avrebbe lasciato l’incarico di Head of Corporate Finance presso la sede di Oslo della banca Seb per rilevare quell’azienda vitivinicola, che dal 1906 ha sede a Gattinara (VC) e possiede vigneti coltivati da ottocento anni. “Era in concordato preventivo. Il vino era ottimo, le competenze c’erano, mancava una rete distributiva”.
 
L’amministratore delegato norvegese – anzi “nervigese”, come ama chiamarsi scherzosamente – ha ristrutturato l’azienda aprendo al mercato estero, che ora assicura il 75% delle vendite, ma ha dovuto scontrarsi con una serie di ostacoli tutti italiani. “Il primo è il costo del lavoro incredibilmente alto. È penalizzante per un’azienda come la nostra che vende vino di qualità e ha la necessità di impiegare molte persone per lavorare il vigneto in modo sartoriale. Con un costo del lavoro paragonabile a quello di altri Paesi europei, avremmo potuto raddoppiare i dipendenti e impiantare più ettari, incrementando qualità e volume”. Il secondo ostacolo è il modo in cui sono configurate le imposte. “In quasi tutti gli altri Paesi del mondo paghi un’imposta quando hai un profitto, in Italia paghi anche se sei in perdita o stai investendo. Per uno straniero è controintuitivo e difficile da accettare. Il terzo problema è che il pubblico è un ottimo creditore, ma un pessimo debitore”. La complessità della macchina burocratica peggiora le cose. “In ufficio abbiamo quattro dipendenti. Uno e mezzo lavorano esclusivamente per interfacciarsi con la burocrazia. Il costo di conformità alle regole è altissimo. E tutto passa ancora sulla carta, roba da età della pietra. Avendo studiato per diciotto mesi a Milano sapevo di avere a che fare con un sistema difficile. Avevo considerato burocrazia e inefficienze alla stregua di costi del conto economico, ma non immaginavo fossero tanto alti”.
 
Nonostante ciò, Astrup elogia la competenza degli italiani e la loro capacità di districarsi fra regole e burocrazia: “Se un italiano ce la fa nel suo Paese, può farcela ovunque”.

di Claudio Todesco

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