Tuzet trasforma la classe in un'aula di testimoni
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Tuzet trasforma la classe in un'aula di testimoni

ESPERIMENTI E MULTIMEDIALITA' AIUTANO IL PROFESSORE DI ERMENEUTICA GIURIDICA A STIMOLARE LA RIFLESSIONE SULL'ATTENDIBILITA' DELLE TESTIMONANZE

La scena è a dir poco inconsueta. Una donna entra nell’aula 301 e interrompe la lezione di Giovanni Tuzet. È visibilmente agitata. “Che schifo”, dice rivolta al professore. Tuzet cerca inutilmente di calmarla. La donna borbotta altre frasi, urla “vergognati!” e dopo meno di un minuto esce sbattendo la porta. Il professore si scusa per l’accaduto, gli studenti sono imbarazzati e disorientati. Non sanno d’essere protagonisti di un esperimento. Lo scopriranno più tardi, durante la stessa lezione, quando Tuzet chiederà loro di ricostruire per iscritto quel che è successo e di rispondere a cinque domande sull’accadimento e sull’abbigliamento della donna, in realtà un’attrice. L’irruzione trasforma la lezione di Ermeneutica giuridica in un esperimento sull’attendibilità delle testimonianze oculari.
 
Il corso di Tuzet si concentra sul rapporto fra norme e fatti giuridici, con particolare interesse per il tema delicato della testimonianza. “L’epistemologia la considera la fonte di conoscenza più importante che abbiamo a disposizione”, spiega. “La psicologia, al contrario, mette in dubbio il valore della testimonianza come fonte attendibile a causa di problemi percettivi e della difficoltà nel ricostruire scene complesse”. I giuristi si trovano nel mezzo, chiamati a stabilire criteri per la corretta assunzione e per la valutazione delle testimonianze. “Gli studenti devono sviluppare una sensibilità verso il tema. Lo fanno più efficacemente vivendo in prima persona un’esperienza come quella che ho proposto loro”.
 
I risultati dell’esperimento sono stati tutto sommato confortanti: la maggior parte degli studenti ha ricostruito l’accadimento in modo sostanzialmente corretto sia il giorno dell’irruzione, sia un mese dopo, quando Tuzet ha riproposto il questionario per testare la memoria di quel che era successo. Non è andata ugualmente bene con la seconda prova proposta da Tuzet alla classe, ricalcata da un analogo esperimento condotto a Padova negli anni ’30 dal celebre psicologo sperimentale Cesare Musatti. È stato proiettato in aula un breve filmato girato all’esterno dell’università da studenti del Gruppo Teatro Bocconi: la scena coinvolge quattro persone e si risolve in un litigio e nel furto di un oggetto. Nonostante fosse stato chiesto agli studenti di osservare con attenzione il filmato, il tasso d’errore è stato piuttosto alto, forse a causa della maggiore complessità della scena.
 
I due esperimenti hanno provato quanto è delicato il tema della testimonianza. Alcuni studenti hanno interpretato la scena secondo stereotipi, altri hanno riportato fatti inesistenti. Alcuni studenti hanno riconosciuto erroneamente il loro professore in uno dei protagonisti del filmato solo perché entrambi hanno la barba, altri hanno aggiunto dettagli ininfluenti. “E quando un testimone riesce a rivelare particolari che non hanno una funzione nella storia deve suonare un campanello d’allarme: è possibile che stia mentendo”. Il lavoro svolto da Tuzet è inconsueto. Lo studio del diritto parte tradizionalmente da leggi e sentenze, non c’è l’abitudine a confrontarsi con prove pratiche. “Siamo abituati a fare quella che gli anglosassoni chiamano armchair philosophy, filosofia da poltrona”, afferma Tuzet. “La riflessione filosofica è importante, ma non può prescindere dalla realtà. Questi esperimenti contribuiscono a dare una risposta a domande chiave circa il valore della testimonianza”.

di Claudio Todesco

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