A Nairobi lo sviluppo ha il volto delle donne
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A Nairobi lo sviluppo ha il volto delle donne

GIOVANNI MARIA MAZZACANI, DOUBLE DEGREE ALLA BOCCONI E ALLA FUDAN UNIVERSITY, RACCONTA IL SUO KENYA

La mia immagine dell’Africa è una ragazza. Lisa ha 23 anni, abita a Nairobi e si è appena laureata in economia alla Strathmore University. Ha trovato un lavoro nel marketing e – racconta – risparmia quasi tutto il suo stipendio. “È per assicurare una buona istruzione ai miei figli... tra due o tre anni mi sposo”. Sono le donne il futuro dell’Africa. Sono loro a programmare e risparmiare. Hanno in mano non solo le sorti della famiglia, ma anche quelle di tante imprese. La microfinanza se ne è accorta ed è a loro che finisce una buona parte del microcredito.
I maschi ragionano in modo diverso. A fine mese il traffico di Nairobi impazzisce. Gli uomini ricevono lo stipendio e si precipitano a spenderne una parte nei pub. Ma anche la loro vitalità è un simbolo di speranza. L’aria che si respira tutti i giorni è di sviluppo immerso nel caos, una confusione vitale che rischia di travolgerti, ma infonde speranza, dà coraggio. La gente di Nairobi si alza all’alba, prende mezzi pubblici congestionati, fa una vita fisicamente impegnativa ma si butta in ogni impresa e vive i disagi come sacrifici finalizzati a un futuro migliore.
Ho scoperto l’Africa vivendo a Shanghai. Nel corso del double degree di Bocconi con Fudan University mi sono accorto che i cinesi non vedevano l’Africa come un continente senza speranza. Non parlavano di epidemie, guerre, lotte tribali, carestie, ma di un luogo in cui investire, un continente in cui credere. E, infatti, investono ingenti somme anche in opere infrastrutturali che hanno il duplice obiettivo di consentire ai cinesi di trasportare le materie prime dall’entroterra alle coste e di permettere agli africani di muoversi e fare impresa con molta più facilità. Sanno di dover costruire e sviluppare l’Africa con gli africani, ma, certamente, non sono spinti da motivi puramente umanitari!
Ho poi voluto conoscere l’Africa da vicino scegliendo di non vivere nel quartiere degli expat ma in un pensionato studentesco con ragazzi locali quando sono rimasto qualche mese alla Strathmore Business School di Nairobi per una ricerca sulle prime multinazionali interamente africane. E ho capito che la grande ricchezza di questo continente è il capitale umano. Ciò che mi fa scommettere sul Kenya e su tanti altri paesi africani sono i giovani. Il 60% della popolazione africana ha meno di 25 anni. Il Kenya, come molti altri paesi africani, è nelle loro mani.  Quei cervelli in fuga da questi paesi verso le università più prestigiose degli Stati Uniti e dell’Europa non vedono l’ora di tornare per buttarsi negli affari o in politica.
Gli expat non mancano. Li puoi trovare al bar del Sankara, il più prestigioso hotel della città, e c’è anche qualche italiano, anche se la maggior parte dei nostri connazionali si occupa di turismo e vive sulla costa. Sono pochi a saperlo, ma la comunità italiana in Kenya è la seconda dopo quella britannica. I primi connazionali sono arrivati nell’ex colonia inglese alla fine dell’800, missionari principalmente, e la maggior parte è arrivata dopo la seconda guerra mondiale. Gli italiani hanno contribuito in maniera decisiva alla costruzione del Kenya, realizzando strade, palazzi, dighe, ponti e poi al suo sviluppo, dopo l’indipendenza. Ma oggi giorno isolarsi tra gli expat rappresenta, a mio parere, un modo vecchio di guardare all’Africa. Perché l’Africa più promettente e interessante è quella fatta dagli africani, quella che sta pian piano raccontando a tutto il mondo una nuova Africa fatta di imprese di successo, di giovani con in mano tablet e computer che dalla “Silicon Savannah” stanno esportando in tutto il mondo le loro innovazioni. 
Il mercato africano non è per i deboli di cuore. È per imprenditori e imprese che sanno osare e perseverare guardando al di là degli ostacoli del breve periodo.
 
 
 

di Giovanni Maria Mazzacani, alumnus Bocconi, lavora come research assistant presso la Iese Business School

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