Clima: l'etica prima dell'economia
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Clima: l'etica prima dell'economia

GLI IMPATTI POTENZIALI DEI COMBUSTIBILI FOSSILI SONO DIROMPENTI MA DIFFICILI DA CALCOLARE IN TERMINI MONETARI E DUNQUE S'IMPONE UNA SCELTA DI CIVILTA� ANZICHA DI COSTI/BENEFICI

di Valentina Bosetti, associato di economia ambientale ed economia dei cambiamenti climatici alla Bocconi

L’evidenza scientifica da sola non basta, talvolta nemmeno per gli scienziati, figurarsi per gli altri. Ci vuole tutto un corredo di strategie che affrontino credenze diffuse, miti, pregiudizi. E poi bisogna anche fare i conti con la politica. E tutto questo è vero tanto per le emissioni di CO2 quanto per le terapie contro il cancro.

Nel caso del cambiamento climatico, ci stiamo accorgendo che le posizioni sulle politiche per fronteggiarlo sono sempre più polarizzate e partigiane e connotate più dalle preferenze di partito che dalla loro solidità scientifica. L’ultimo rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) sul tempo che ci resta per mitigare i danni parla chiaro: ne abbiamo poco e la lotta degli schieramenti in campo rischia di essere paralizzante e fatale. L’argomento chiave che dovremmo saper comunicare a tutti è quello della finestra di opportunità: i prossimi quindici anni sono decisivi. Il paragone con una polizza assicurativa è lampante: o la stipuli in tempo o ci farai ben poco. Nei prossimi quindici anni, infatti, potremmo iniziare a frenare le emissioni di gas serra, che nell’ultimo decennio sono cresciute del 2,2% l’anno contro un tasso di circa la metà nei decenni precedenti. Il che significa che siamo peggiorati quando avremmo già dovuto cominciare a migliorare. Ma una opzione reale e utile ancora ce l’abbiamo davanti. La finestra ce la giochiamo se continueremo a investire nei combustibili fossili.
 
Se prendiamo la strada virtuosa dobbiamo affrontare un costo, ma questo ci lascerebbe aperta la possibilità di mantenere la crescita della temperatura media del pianeta sotto i 2° C rispetto a quella pre-industriale. Se non la imbocchiamo, date l’inerzia che caratterizza il sistema clima e l’irreversibilità degli investimenti effettuati nei prossimi decenni, ci condanniamo a incrementi della temperatura, con buona probabilità più elevati del fatidici 2°C.
Cosa significa frenare le emissioni, in pratica? Quasi tutti i settori ad alto contenuto energetico dovrebbero fare la loro parte (l’industria, l’agricoltura, i trasporti). Oltre che sul lato dell’offerta, bisognerebbe lavorare anche sulla domanda attraverso politiche mirate allo scopo e innovazioni tecnologiche. E se anche tali mutamenti fossero fatali per quelle imprese (e quei paesi) che sui fossili hanno costruito la loro forza, questo danno sarebbe in parte compensato dalla potenziale crescita economica e occupazionale in altri settori (ad esempio dove l’It incontra la gestione della domanda energetica).
La transizione comunque avrebbe un costo non indifferente. L’Ipcc, riportando le proiezioni di svariati modelli per una politica di decarbonizzazione aggressiva già nei prossimi anni, parla di costi tra l’1 e il 4% in perdita di consumo per il 2030. 
Si possono avere opinioni molto diverse su quanto gli esseri umani possano trasformare il sistema climatico di questo pianeta. Per quanto gli economisti tentino di dare una risposta efficiente e market-based alla questione, la verità è che la risposta che vincerà sulle altre dovrà basarsi anche su di un ragionamento etico o culturale, piuttosto che su di una sola evidenza costi/benefici. Benché quest’ultima sarebbe preferibile, la maggior parte degli impatti potenziali del cambiamento climatico sono difficili da definire in termini monetari (in alcuni casi addirittura difficili da immaginare) e rendono la valutazione puramente monetaria del problema molto difficile.
In tutti i casi la nostra civiltà dovrà prendere una posizione. Continuare a rischiare, modificando l’ecosistema dell’intero pianeta, oppure spingere per una crescita economica che sia però vincolata al rispetto di alcuni limiti sulla modificazione degli equilibri del pianeta che essa implica. Se la risposta delle future generazioni sarà la seconda, allora apparirà una cosa molto intelligente l’aver speso una piccola frazione della crescita per rendere questa seconda strada ancora percorribile.

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