Volontari nel curriculum
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Volontari nel curriculum

L'ESPERIENZA NEL NON PROFIT A UN INDICATORE A DISPOSIZIONE DEI SELEZIONATORI PER VALUTARE SOFT SKILL E CAPACITA� ESTREME

di Giuliana Baldassarre, direttore del Master in management delle imprese sociali, non profit e cooperative della SDA

Gli ultimi dati relativi alle organizzazioni e al fenomeno del volontariato dimostrano che non solo questo regge anche in tempi di crisi, ma che continua a crescere confermandosi maturo e consolidato. Lo evidenziano i dati pubblicati dall’Istat nel IX censimento generale dell'industria e dei servizi, secondo i quali i volontari in Italia sono 4.758.622 (+43,5% rispetto al 2001).

Un impegno che si declina in azioni concrete all’interno di organismi strutturati operanti in ambienti sempre più complessi.
Il volontariato diventa sempre più un’esperienza professionalizzante e non solo un’esperienza di solidarietà e di servizio al bene comune.
È prassi ormai consolidata il suo inserimento all’interno dei cv professionali e non solo nella voce “altre informazioni” ma anche in quella delle esperienze professionali, molti sono infatti i giovani che sperimentano esperienze di lavoro professionale anche se non retribuito in ragione di un lavoro volontario al servizio di una causa sociale, spinti dalle più diverse motivazioni e alla ricerca di una soddisfazione personale che va ben oltre quella professionale.
Un’esperienza di volontariato che consente di acquisire competenze organizzative e capacità di problem solving specie per chi si inserisce in contesti di cooperazione e di peacekeeping, in situazioni di emergenza e più in generale nelle relazioni di aiuto.
Tutto ciò è possibile anche grazie al fatto che il terzo settore e le diverse organizzazioni che ne fanno parte hanno acquisito maggiori livelli di managerialità e di aziendalizzazione.
Sono quindi le competenze trasversali quelle che si trasferiscono grazie a un’esperienza di lavoro volontario presso organizzazioni complesse e strutturate, accanto a queste ci sono però abilità e capacità legate alle passioni e agli interessi che rivelano altro di sé, un sé profondo non sempre traducibile in un asset tecnico.
Il volontariato ha inoltre una capacità educativa e formativa nel trasmettere talvolta conoscenze e competenze tecniche specifiche come avviene per esempio nel servizio di pronto soccorso in ambulanza o nel volontariato e nella cooperazione internazionale.
Sono questi i punti di attenzione di chi fa selezione e valuta i curricula per una migliore comprensione dei profili professionali. Più che una necessità di certificare le esperienze di volontariato è necessaria una capacità di lettura in filigrana di ciò che questa esperienza rivela al di là di una logica solidale o del più generico fare del bene; quanto piuttosto la capacità di osservare i fenomeni da un altro punto di vista, magari quello critico di chi si trova in estrema difficoltà o fuori dal sistema (sotto la soglia della povertà, senza fissa dimora, rifugiato, immigrato, con disagio psichico e sociale), le cosiddette soft skills riconducibili al bene relazionale e alla maggiore consapevolezza di chi ha saputo mediare/negoziare in situazioni di conflitto.

L’esperienza di volontariato resta un’esperienza importante e formativa, ma non occupazionale; attenzione alle trappole e alle strumentalizzazioni di quanti lo vogliono sostitutivo di un’esperienza occupazionale, il volontariato è una scelta volontaria e gratuita non una via obbligata per accedere al mercato del lavoro soprattutto in settori dedicati, questa esperienza può invece aiutare a comprendere la totalità di un profilo professionale che ne esce arricchito e completato perché parte da un vissuto e da un esperito che più di altri può aprire alla diversità, alla ricerca di senso, alla consapevolezza della propria motivazione per la tutela del bene comune e dei diritti universali.

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