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Green metropolis

LA CITTÀ È PIÙ ECOLOGICA DELLA CAMPAGNA? DAVID OWEN NEL SUO LIBRO, PUBBLICATO PER EGEA ECONOMICA, DOCUMENTA PERCHÉ E COME LA CITTÀ SIA PIÙ SOSTENIBILE DI ALTRI TIPI DI INSEDIAMENTI UMANI CON UNO STILE NARRATIVO CHE COLLEGA CONCETTI A CASI E TALVOLTA AD ANEDDOTI, CHE RIGUARDANO DIVERSE AREE DEL MONDO

David Owen
Green Metropolis
Egea economica 2014, 256 pagine, 9,90 euro, 3,99 e-pub

Una bella villetta nel verde, il giardino curato e ampi viali puliti e poco trafficati. Un modello ecologico spesso contrapposto al traffico, al caos e allo smog delle grandi metropoli, dove milioni di persone vivono freneticamente le une accanto alle altre, accusate di dissipare le risorse del pianeta. Eppure… non è così.

Perlomeno secondo quanto sostiene David Owen, giornalista di The New Yorker, che in Green Metropolis (Egea economica 2014, 256 pagine, 9,90 euro, 3,99 e-pub) propone Manhattan, una delle città più densamente popolate del mondo con i suoi 26.000 abitanti per km quadrato, come modello di città sostenibile, tesi sostenuta da molti studiosi delle scienze sociali ma avversata dagli ambientalisti.

“L’82% degli abitanti di Manhattan”, scrive Owen, “che hanno un lavoro dipendente va in ufficio con i mezzi pubblici, in bicicletta o a piedi”, aggiungendo anche che tale percentuale corrisponde a dieci volte la percentuale media degli americani in generale e che Manhattan, nonostante il traffico intenso, ha il rapporto auto/residenti più basso degli Stati Uniti. Ma non solo. New York è infatti accusata di generare quasi l’1% dei gas serra prodotti negli Stati Uniti, ma chi fornisce questo dato si dimentica di aggiungere che “la città ospita il 2,7% della popolazione del paese”, e quindi le emissioni risultano straordinariamente basse. Se poi si prendono altri parametri, si può vedere come nel “bucolico Vermont”, dice l’autore, “gli abitanti consumano più acqua dei newyorkesi… più del triplo della benzina… più del quadruplo dell’elettricità”.

Il segreto di tale risparmiosita dei newyorkesi sta nella densità abitativa e nella prossimità delle abitazioni tra loro e con i luoghi di lavoro e di svago, perché “lo spazio ristretto e congestionato in cui vivono crea efficienze e riduce le possibilità di consumi insensati”, come l’utilizzo indiscriminato dell’auto.

E la famosa villetta con giardino lontana dal caos cittadino? Sarà più grande e quindi necessiterà di maggiori consumi di energia elettrica e di riscaldamento, il giardino dovrà essere bagnato con grande dispendio d’acqua, le distanze, in campagna, sono dilatate e gli abitanti per qualunque necessità, o anche solo per recarsi al lavoro, fanno largo uso dell’automobile, molto più che in città. E poi le enormi strade, centri commerciali e parcheggi che nascono per supportare e collegare questi distretti periferici tra loro e con le città: “Sono le strade e i parcheggi”, scrive Owen, “ad alimentare lo sviluppo urbano incontrollato”.

Ma Owen “smonta”, o almeno minimizza, anche altri miti dell’ecologismo contemporaneo, per esempio l’uso dell’auto elettrica: “Un automobilista che carica le batterie della macchina quando torna a casa dal lavoro non è un problema; un milione di automobilisti che caricano le batterie della macchina….. proprio nel momento di massima domanda energetica della giornata metterebbero a dura prova la rete elettrica; un’intera nazione di utilizzatori di automobili elettriche richiederebbe una totale trasformazione del sistema elettrico americano”, scrive Owen, e la soluzione è ancora “Manhattan”, cioè la necessità di vivere in città strutturate in modo tale che usare l’auto non serva.

Ma anche quello che mangiamo e in genere consumiamo compie lunghi viaggi con enorme dispiego di carburante. Come ovviare? Il locavorismo, cioè la moda sempre più diffusa di consumare prodotti locali, è una delle risposte degli ecologisti, ma al di là di un maggiore apprezzamento per i prodotti acquistati nei mercati agricoli rispetto a quelli del supermercato, la sostenibilità ambientale di tale scelta è piuttosto dubbia: “I lamponi californiani che acquisto al supermercato producono meno emissioni di carbonio dei lamponi locali che ho acquistato recentemente in una fattoria poco lontana da qui”, sostiene Owen, “perché hanno attraversato il paese insieme a un carico di altre merci, e quindi rappresentano un consumo unitario minimo di carburante, mentre quelli locali sono stati acquistati con un viaggio automobilistico di trenta miglia a bordo di un’automobile i cui unici occupanti eravamo io e mia moglie”.

Il vero problema, come scrive Guido Martinotti, professore di sociologia urbana all’Università Milano-Bicocca, nel suo intervento introduttivo, è che “oggi chi non abita in città ha esattamente gli stessi consumi di chi ci abita, ma se deve comprare le uova…. prende l’auto e fa magari 10 chilometri…. invece di scendere al negozio dietro l’angolo. E’ questa la differenza che fa sì che la città sia molto meno dissipativa delle regioni periurbane e rurali”.

David Owen, è dal 1991 giornalista di The New Yorker. È stato collaboratore di The Atlantic Monthly e di Harper’s Magazine.

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di Susanna Della Vedova

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