OPINIONI |

Dove non arrivano le sabbie del tempo

L'ATTUALITÀ DELLE PREDICHE INASCOLTATE DI LUIGI EINAUDI PER UN PAESE IN CUI IL PASSATO NON VUOLE MAI PASSARE

di Marzio Romani, professore emerito di storia economia alla Bocconi

Luigi Einaudi (1874-1961) è un personaggio complesso e tutto sommato poco conosciuto dagli italiani di oggi: studioso serio e competente, liberale ma non liberista,ricercatore e docente molto apprezzato, esperto agricoltore, appassionato bibliofilo, egli giocò una molteplicità di ruoli nell’Italia del primo ‘900 e, alla fine della seconda guerra mondiale, fu “prestato” alla politica, primacome deputato alla Costituente e poi quale ministro delle Finanze, sino ad assurgere ai vertici dello Stato quale primo presidente della Repubblica.

Il giornalismo fu parte essenziale del suo articolato profilo professionale. Egli era infatti convinto che “il sacerdozio scientifico fosse ugualmente nobile e alto come il sacerdozio giornalistico” e che entrambi fossero egualmente necessari al fine di educarela giovane Italia all’impegno civile. La stampa quotidiana, in particolare, era vista quale strumento primario di formazione e di educazione di “quella cosa indistinta e inafferrabile, ma tuttavia reale ed esistente che è l’opinione pubblica”, alla quale egli affidava il compito di far da baluardo ad ogni estremismo e soprattutto al dilagare della spesa pubblica e delle imposte, in un contesto nel quale il Parlamento, sorto per tenere a freno le “manie spenderecce dei sovrani”, stava ormai abdicando al suo compito.

Marzio Romani

Insegnamento/ricerca e giornalismo furono dunque da lui intesi e vissuti come momenti complementari di una stessa pedagogia della responsabilità e delle libertà, come elementi atti a far progredire il Paese; anche se, col passare degli anni, caduta ogni illusione sulla possibilità di educare la classe dirigente al liberalismo e alla democrazia, le sue esortazioni avrebbero sempre più assunto la natura delle perorazioni e delle ‘prediche’. Prediche per lo più destinate e rimanere inascoltate, prediche inutili.

Einaudi fu uomo del suo tempo; di un Paese ben differente dall’attuale, essenzialmente agricolo, scarsamente industrializzato, chiuso nei suoi confini. I suoi scritti e le sue considerazioni attengono dunque a quell’Italia. Il che non significa naturalmente che il suo pensiero sia superato; ma che esso deve essere valutato considerando il contesto nel quale prese forma. In molte sue parti, in realtà, esso risulta più attuale che mai sia per la natura di questo Paese, che si connota per “un passato che non vuol passare”, così chemolti dei problemi del passato rimangono ancor vivi nel presente (il lettore che scorra le pagine del sue Cronache economiche politiche di un trentennio 1893-1925 troverà ampia messe di riferimenti al proposito); ma soprattutto perché Luigi Einaudi appartiene a quell’esigua schiera di personaggi il cui pensiero non è stato soffocato dalle impalpabili sabbie del tempo. Rimangono infatti più che attuali i principi ai quali legò la sua visione: le istituzioni espresse nel sistema costituzionale e politico liberale, il libero mercato, la civile lotta dei partiti e delle parti sociali, l’autorità ferma dello Stato garante delle regole e delle leggi e capace di favorire la mobilità sociale, assicurando l’eguaglianza dei punti di partenza e dando vita a un sistemaprevidenziale capace di garantire i servizi sociali essenziali, a una scuola libera ed accessibile a tutti e via discorrendo.

Sono infine ancora vive molte delle sue esortazioni che, se correttamente applicate ai giorni nostri, avrebbero probabilmente evitato al Paese molti dei guai che stiamo vivendo. Valga per tutti l’ammonimento agli imprenditori “a cercare i profitti esclusivamente nel lavoro e nella produzione”, a incamminarsi “sulla via degli sforzi tenaci per battere la concorrenza e per eccellere nel raggiungimento del minimo costo di produzione di prodotti tenacemente perfetti” o i richiami rivolti alle banche che “non sono fatte per pagare stipendi ai loro impiegati o per chiudere il loro bilancio con un saldo utile, ma devono raggiungere questi giusti fini soltanto col servire nel miglior modo il pubblico” senza lasciarsi tentare dalle sirene della finanza.

 

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