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Cina, il pericolo rosso nel bilancio

, di Fabrizio Pezzani - ordianrio di programmazione e controllo nelle pubbliche amministrazioni
Il debito reale, che comprende quello pubblico e quello privato, è con ogni probabilità superiore al 200% del pil, mentre la massa monetaria si è quintuplicata in sette anni

È ora di guardare con preoccupazione al problema del debito interno cinese, da tempo oscurato dall'attenzione esclusiva alla crescita economica del paese.

Fabrizio Pezzani

Come in tutti i paesi di economia collettivista, la moneta locale (il renminbi o yuan) non è convertibile all'estero e ai fini delle transazioni internazionali viene convertito dalle agenzie statali in dollari americani e legato al dollaro di Hong Kong, ma il rapporto di cambio è tenuto artificialmente basso per favorire le esportazioni. La massa monetaria reale interna in circolazione diventa difficile da controllare nei suoi valori assoluti, ma è possibile capirne il trend e la crescente rischiosità.

Gli elementi di grande criticità di questa crescente massa monetaria sono i debiti aziendali e quelli delle amministrazioni locali. La tumultuosa crescita economica, funzionale a sollevare la parte povera del paese dalla schiavitù dei bisogni primari, si è realizzata con un processo di industrializzazione in grado di abbattere i costi di produzione puntando sui volumi e sul basso costo del lavoro. Il basso costo del lavoro favorisce le esportazioni ma blocca i consumi interni, facendo sì che l'economia cinese dipenda, di fatto, solo dalle esportazioni. Si entra così in una trappola mortale.

Le imprese cinesi si sono ingrandite e indebitate con le banche pubbliche ma, quando alla crisi finanziaria è subentrata quella economica, con la caduta dei consumi, tali aziende hanno visto ridursi i volumi di vendita. A parità di costi fissi, i margini netti sui ricavi (la metà della media mondiale) sono crollati, le capacità di indebitamento si sono ridotte e non consentono il rimborso dei prestiti alle banche. Le quali, quindi, si avvicinano a un elevato rischio di default avendo molte di esse i valori azionari inferiori ai valori contabili. Il debito aziendale cinese, che nel 2011 ammontava al 108 per cento del pil, oggi si avvicina al 125 per cento, pari a quasi 8 miliardi di euro (Bloomberg Business Week, novembre 2012).

Grave è anche la dinamica del debito delle amministrazioni pubbliche locali, che trattengono circa il 40% delle entrate, insufficienti per coprire i costi; inoltre per rispondere alle attese sociali le amministrazioni locali sono entrate in competizione tra di loro avviando spesso investimenti infrastrutturali senza un reale equilibrio economico. I finanziamenti relativi sono stati ottenuti sia dalle banche pubbliche, sia da un sistema bancario ombra con operazioni garantite da valori immobiliari gonfiati, una bolla immobiliare a tutti gli effetti a rischio di esplosione. Oggi i prestiti non sono rimborsabili, non è possibile espandere l'indebitamento e andare incontro alle attese sociali, i valori immobiliari a garanzia sono crollati; il debito pubblico è passato sempre dal 2011 a oggi dal 59,4 a quasi il 66 per cento (Bloomberg Business Week, novembre 2012).

Alla fine ci avviciniamo a un debito reale sul pil che si avvicina e forse passa il 200%, mentre la massa monetaria interna negli ultimi 7 anni è aumentata di 5 volte, portando con sé anche un innalzamento dell'inflazione. Le banche, poi, sembrano prossime a un elevato rischio di default.

Quando la Cina dovrà inevitabilmente affrontare il tema del debito interno, quali saranno le possibili ripercussioni sociali e gli squilibri nella struttura produttiva e finanziaria? Cosa farà il paese? Sarà ancora in grado di sottoscrivere una quota elevata di buoni del Tesoro Usa, già oggi a rischio, lasciando irrisolti i problemi interni? E quale effetto domino si può verificare a livello globale? Forse sarà meglio cominciare a rifletterci.