OPINIONI |

L'etica dello shopping

DI FRONTE ALLA CRISI LE DONNE SI SONO DIMOSTRATE CONSUMATRICI RESPONSABILI. A DIRLO UNA RICERCA DEL CERMES BOCCONI

di Stefania Borghini e Francesca Valsesia, rispettivamente professore associato del Dipartimento di marketing e SDA assistant professor di marketing, fanno parte del Cermes Bocconi

La crisi genera per ogni donna una forma di responsabilità, sia essa economica o etica. Di fronte alla crisi le donne combattono e reagiscono, nei fatti e negli atteggiamenti. Rivedono scelte di acquisto, abitudini personali e famigliari e mettono in discussione le proprie ideologie di consumo.

Stefania Borghini (in alto)
e Francesca Valsesia

Una recente ricerca condotta da Cermes Bocconi su un campione di 1.000 donne italiane mostra come, in modo trasversale rispetto al ceto sociale e alle disponibilità finanziarie, le nuove condizioni economiche globali hanno imposto non solo una battuta di arresto nei consumi ma anche, e soprattutto, una riflessione critica sul modo in cui pratiche di acquisto poco responsabili, “fatte mettendo i prodotti nel carrello senza pensare realmente a quello che si sta facendo”, si siano consolidate nel tempo. Guidate da un pragmatismo diffuso le donne sono disposte a fare rinunce (89% del campione), soprattutto personali, a cambiare preferenze nel portafoglio delle marche acquistate, a fare scelte più oculate, dedicando più attenzione al processo di acquisto, a privilegiare la qualità sulla quantità, e anche a reinventare (o riscoprire) modi di approcciarsi al consumo come il fai da te, l’autoproduzione o gli acquisti di gruppo.

Le donne cedono sul terreno dei beni che amano di più: l’abbigliamento e la moda (66%), la cultura e lo svago (47%), la telefonia (22%). Ammettono di rinunciare alle visite mediche e di ridurre la soglia di attenzione dedicata alla salute (20%). Allo stesso tempo apprezzano il valore dell’essenzialità e ammettono (79%) il ritorno al self made come alternativa al risparmio economico.

La crisi non impone solo una revisione del modo di essere consumatrici, ma induce a sviluppare competenze e valorizzare significati che vanno oltre le scelte di consumo, per essere applicati in modo più ampio nella vita delle donne. I risultati positivi ottenuti consentono di riscoprire il valore del potere femminile e rendono le capacità di adattarsi e reinventarsi di fronte alle difficoltà un motivo di orgoglio ed empowerment.

Anche chi si sente meno colpita dalle difficoltà economiche (27%) scopre quanto alcuni dei consumi abituali possano essere futili: il senso di disagio di fronte all’incertezza generalizzata si trasferisce sui prodotti e sulle marche che di colpo materializzano il superfluo, l’eccedenza, l’inutile. In questi casi le consumatrici riscoprono il valore della sobrietà, della scelta oculata, come se i prodotti fossero notati con occhi nuovi e riacquistassero un valore differente. Per un rinnovato senso etico rivedono i consumi, rinunciano o rimandano gli acquisti non importanti, privilegiano le scelte di qualità, riscoprono il valore di riciclo e condivisione, con un urgente senso di ridurre al massimo lo spreco.

In questo momento di dibattito accademico sul consumo etico, in cui oltreoceano si parla addirittura di crollo del mito dell’ethical consumer, le donne stanno dimostrando nei fatti e negli atteggiamenti che, nella quotidianità, il consumo etico in fondo è possibile. È possibile in forme molto personali, non pre-costituite né universali, e sostenute da forti spinte di self-reflexivity.

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